Concorrenza sleale e storno di agenti di commercio: può costituire concorrenza sleale quell’insieme di atti e iniziative che si sostanzino in una strategia diretta ad acquisire uno staff costituito da soggetti esperti del medesimo sistema di lavoro entro una zona determinata, svuotando l’organizzazione concorrente di sue specifiche possibilità operative mediante sottrazione del “modus operandi” dei propri dipendenti, delle conoscenze burocratiche e di mercato da essi acquisite.
Merita un approfondimento una sentenza del Tribunale di Padova del 4 luglio 2016, che chiarisce i contorni di una potenziale condotta di concorrenza sleale volta ad acquisire gli agenti di un competitor.
Il soggetto A conveniva in giudizio la società B e le persone fisiche C e D allo scopo di far accertare l’illiceità della loro condotta e concretizzatasi nella appropriazione della clientela già servita da A nelle province di Venezia, Treviso, Padova e zone limitrofe (ove non operavano le convenute), attraverso un’attività sistematica e preordinata finalizzata allo storno illecito di gran parte degli agenti dell’attore A operanti nel predetto territorio.
Secondo quanto prospettato da A, la concorrenza sleale si sarebbe tradotta in una condotta finalizzata a privare la stessa degli agenti di maggior rilievo commerciale (convinti a recedere quasi in blocco dai rapporti di agenzia in corso in un ben definito e limitato lasso temporale) e ad accaparrarsi contemporaneamente la clientela della attrice A, così frustrando di fatto l’avviamento di quest’ultima, il tutto mediante la collaborazione dei soggetti C e D.
A insisteva per la condanna dei convenuti al risarcimento del danno nella misura di Euro 1.478.000,00.
Si costituivano B, C e D, i quali chiedendo il rigetto della domanda sulla base di difese pressoché analoghe: deducevano i convenuti che il passaggio degli agenti riguardava un numero modesto di persone (solo 6), avuto riguardo sia alla pretesa unità territoriale (oltre 30 agenti), sia al complesso dei preposti su tutto il territorio nazionale su cui operava A (circa 650).
Secondo i resistenti, gli agenti ‘stornati’ non risultavano in possesso di capacità professionali distintive tali da rendere difficoltosa la loro sostituzione; il passaggio alla concorrente era avvenuto, peraltro, a seguito di una libera iniziativa degli agenti stessi, non essendo questi neppure vincolati da alcun patto di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del rapporto con la A.
Il Tribunale di Padova evidenzia che la concorrenza illecita per mancanza di conformità ai principi della correttezza non può mai derivare dalla mera constatazione di un passaggio di collaboratori da un’impresa ad un’altra concorrente, nè dalla contrattazione che un imprenditore intrattenga con il collaboratore del concorrente.
Tali attività, di per sè, sono pienamente legittime, essendo espressione dei principi della libera circolazione del lavoro e della libertà di iniziativa economica.
Occorre invece stabilire se la condotta censurata si caratterizzi per l’esistenza del cd. “animus nocendi”, cioè l’intento di danneggiare l’organizzazione e la struttura produttiva dell’imprenditore concorrente in spregio alle regole di correttezza professionale.
Alla luce di tale principio, il Tribunale rigetta la tesi di A.
In primis, il numero degli agenti oggetto di storno è risultato esiguo se si ha riguardo anche al solo ambito territoriale (Veneto) e all’insieme degli agenti che operano in questo distretto per conto di A: il rapporto tra gli agenti stornati e quelli preposti da B è di 1 a 5, da considerarsi modesto se si ha riguardo alla capacità di A di provvedere alla loro sostituzione in tempi relativamente brevi.
In secondo luogo, evidenzia il Tribunale, non può non tenersi in considerazione il fatto che nell’ambito della distribuzione nazionale di prodotti alimentari (di cui A è società leader) gli elementi che caratterizzano in positivo la strategia imprenditoriale in questo settore sono rappresentati dalla possibilità di praticare prezzi vantaggiosi, di disporre di una efficiente rete nazionale di logistica che assicuri un capillare e puntuale servizio di approvvigionamento in favore di una rete di clienti già consolidata o da fidelizzare.
Si tratta, quindi, di un insieme di elementi oggettivi che prescindono dalla figura e dall’attività dell’agente.
Ciò porta, quindi, a ritenere che una modesta diminuzione del numero di agenti in un determinato territorio causato da un’attività di storno di un’impresa concorrente non sia idonea ad arrecare un pregiudizio per l’organizzazione e la struttura produttiva dell’imprenditore che subisce lo storno stesso, non potendosi ritenere che nel caso di specie l’organizzazione di A risulti svuotata di sue specificità, nonché delle conoscenze burocratiche e di mercato acquisite dagli agenti.
A non può che pagare le spese di giudizio.
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