La crisi della coppia è un momento estremamente delicato nella vita di un marito e ancor più di un padre.
Oltre all’ovvia sofferenza psicologica, infatti, la separazione porta con sé la necessità di ridefinire integralmente i contorni dell’esistenza dei coniugi e i rapporti economici e genitoriali per trasformarli in un
Quando uno dei due coniugi decide di non voler proseguire la convivenza matrimoniale, pertanto, è fondamentale rivolgersi ad un avvocato divorzista esperto in diritto di famiglia, allo scopo di valutare ogni possibile risvolto della crisi e affrontare la situazione nel modo più sereno possibile e tutelare i propri diritti.
Quali sono le domande da rivolgere all’avvocato divorzista prima di avviare la separazione?
Per affrontare una separazione è necessario che la persona, soprattutto se è l’uomo della coppia, sia ben informata di tutto ciò che può accadere nella gestione della crisi familiare e di come si svolgono le tappe di separazione e divorzio.
Innanzitutto, prima di poter arrivare al divorzio la legge italiana prevede – salvi casi eccezionali che qui non si affronteranno – che debba necessariamente avvenire la separazione dei coniugi.
Che differenza c’è tra separazione e divorzio?
Rimandando ad altro recente articolo l’approfondimento sulle differenze tra divorzio e separazione, l’avvocato divorzista dovrebbe quanto meno spiegare che:
- la separazione sospende i doveri coniugali tipici (per es. l’obbligo di coabitazione e di fedeltà), ma anche dopo la separazione i coniugi restano sposati (con ogni effetto conseguente anche sotto il profilo ereditario);
- il divorzio scioglie definitivamente gli effetti civili del matrimonio e vi pone fine, tanto che gli ex-coniugi possono contrarre un nuovo matrimonio.
Quanto tempo ci vuole per ottenere la separazione?
Un avvocato divorzista non può che rispondere a questa domanda che con il classico “dipende”.
La separazione, infatti, può essere ottenuta in modi e tempi molto diversi a seconda di quanto è litigiosa la coppia e di quanto sono lontane le rispettive posizioni.
La separazione consensuale
Se i coniugi sono in grado di accordarsi su tutti i temi che al momento della separazione si devono disciplinare (affidamento, collocamento e mantenimento dei figli, assegnazione della casa coniugale, mantenimento del coniuge debole), si potrà ottenere una separazione consensuale.
Spesso ho sentito dire frasi del tipo “Mia moglie non mi concede la separazione consensuale“, come se la separazione consensuale fosse un oggetto che si consegna.
In realtà perché si possa avere una separazione consensuale è necessaria una trattativa, la cui durata dipende, nuovamente, dalla capacità transattiva delle parti e dalla loro volontà di raggiungere un accordo.
Come avvocato divorzista mi è capitato di raggiungere un accordo con un solo incontro in presenza dei due coniugi e dei due avvocati, ma mi è altresì capitato di dover affrontare lunghe trattative che talvolta si sono positivamente concluse con un accordo e talaltra, invece, si sono concluse con una frattura insanabile che ha portato ad una separazione giudiziale.
La separazione giudiziale
Salvo che non vi siano ragioni di gravità ed urgenza (maltrattamenti, violenze, tossicodipendenze o alcoolismo, per esempio), nessun avvocato divorzista serio avvierà mai una separazione depositando un ricorso per separazione giudiziale, senza neppure aver tentato la via della trattativa per comprendere se vi siano i presupposti per una separazione consensuale.
Tuttavia, talvolta, la distanza delle posizioni rispettive tenute dai coniugi non rende possibile il raggiungimento di un accordo.
In tal caso uno dei due coniugi dovrà depositare un ricorso per separazione giudiziale al Tribunale competente, al fine di ottenere dal Giudice ciò che non sono riusciti ad ottenere dall’altro coniuge.
La separazione giudiziale parte dunque con un ricorso, in seguito al quale il Tribunale fissa un’udienza, prima della quale, dopo la riforma Cartabia, gli avvocati divorzisti di entrambe le parti dovranno depositare diversi scritti difensivi, esponendo le diverse posizioni, rivolgendo al Giudice le rispettive richieste e proponendo prove documentali e testimoniali.
Il Giudice alla prima udienza ascolterà entrambe le parti personalmente e tenterà di conciliare le rispettive posizioni per consensualizzare la separazione.
Per esperienza, sebbene la riforma Cartabia abbia introdotto una procedura che ha come effetto quello di inasprire il conflitto prima dell’incontro in Tribunale, il Giudice in udienza ha spesso l’autorevolezza necessaria per convincere le parti a limare le rispettive asperità e trovare il giusto punto d’incontro per consensualizzare la separazione.
Quando tuttavia neppure il Giudice riesce a far accordare le parti, il giudizio proseguirà e il Giudice dovrà decidere se ascoltare i testimoni eventualmente indicati dalle parti e prendere i provvedimenti provvisori e urgenti, o se incaricare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) per dirimere conflitti per esempio sul collocamento prevalente dei figli minori o sui redditi effettivi delle parti o su altre questioni rilevanti per le quali ritenga di doversi avvalere di un esperto.
Il Giudice potrebbe anche ritenere la causa pronta per essere definita e, come spesso accade, non ascoltare i testimoni indicati dalle parti, né avviare alcuna CTU e, in tal caso, la causa si avvierà verso la sua conclusione.
Con chi vivranno i figli dopo la separazione?
Dopo la separazione i figli minorenni continueranno a vivere insieme al genitore che sarà ritenuto il genitore di riferimento che, al contrario di quanto spesso si ritiene, non è necessariamente la mamma.
Mi è capitato spesso di parlare con padri che, pur essendo indubbiamente i genitori di riferimento dei propri figli, si erano già sentiti dire dalle rispettive moglie che sarebbero stati loro a lasciare la casa coniugale ed a pagare un mantenimento per i figli. In realtà la circostanza non è né vera, né scontata.
Il padre e la madre, infatti, sono ormai posti sullo stesso piano dal principio di bigenitorialità.
Se, dunque, durante il matrimonio era il padre ad essersi occupato in prevalenza dei figli, magari perchè la madre era più impegnata del marito a fare carriera, è il padre ad aver diritto di continuare a vivere con i bambini e ad ottenere il collocamento prevalente degli stessi.
Ciò detto, non intendo illudere i padri sostenendo che sia un’impresa facile, anche quando ve ne siano i presupposti, farsi riconoscere dalla moglie ciò che di fatto si sarebbero guadagnati sul campo.
Al contrario di quanto accade a parti invertite, infatti, al momento della separazione, spesso una madre fatica a riconoscere di aver lasciato al marito il ruolo di genitore di riferimento per i figli anche quando è conclamato che fosse il marito a gestire in prevalenza i bambini ed a soddisfare i loro bisogni nel corso del matrimonio.
Ritengo, come avvocato divorzista, che tale inclinazione dipenda anche dal disvalore sociale che ancora si attribuisce ad una madre che non convive in via prevalente con i figli, senza considerare che la “parità dei sessi” obbliga necessariamente le madri che vogliono fare carriera a lasciare che i padri acquistino un ruolo più rilevante anche all’interno dell’organizzazione famigliare.
Sempre più spesso accade, infatti, che i genitori gestiscano i figli, durante il matrimonio, in modo assolutamente paritario, spartendosi equamente i compiti di cura e accudimento degli stessi.
In tal caso, al momento della separazione, dovrà essere privilegiato un collocamento paritario che consenta ai bambini di continuare a godere della vicinanza di entrambi i genitori, come avveniva prima della loro separazione.
In ogni caso, proprio grazie al diritto dei figli di mantenere rapporti significativi con entrambi i genitori ed i rispettivi rami parentali, nessuno dei due genitori dovrebbe ormai rischiare di “perdere” i propri figli e nessuno dei due genitori dovrebbe mai “portar via i figli” all’altro.
Anche nel caso in cui i figli debbano essere collocati in via prevalente ad uno dei due genitori, grazie all’affidamento condiviso, entrambi i genitori manterranno integra la propria responsabilità genitoriale e potranno godere di un diritto di visita tanto ampio quanto sarà ritenuto opportuno nell’interesse dei minori.
Chi potrà continuare a vivere nella casa coniugale?
Il genitore di riferimento, oltre al collocamento prevalente dei bambini presso di sé, avrà altresì il diritto di continuare a vivere nella casa coniugale insieme ai figli, ottenendone l’assegnazione.
La legge prevede, infatti, che il Giudice debba salvaguardare il diritto dei figli a conservare, anche a seguito della separazione dei genitori, le proprie abitudini di vita quotidiana, rimanendo a vivere nella casa coniugale insieme al genitore dal quale sono prevalentemente accuditi.
In ragione di ciò, anche se entrambi i genitori avranno l’affidamento condiviso dei figli minorenni, se uno dei due genitori avrà il collocamento prevalente dei bambini presso di sé, avrà diritto di continuare a vivere con i figli nella casa coniugale a prescindere da chi ne sia il proprietario.
Se la casa coniugale fosse in affitto, il genitore a cui verrà assegnata avrà diritto di subentrare nel contratto di locazione (se intestato al coniuge) alle medesime condizioni vigenti e il proprietario di casa non avrà facoltà d’impedirlo.
Mia moglie ha diritto a un assegno di mantenimento?
Nel corso della mia carriera di avvocato divorzista, spesso ho dovuto fronteggiare con i miei clienti richieste di assegno di mantenimento da parte di mogli che nella maggioranza dei casi non ne avevano diritto.
Quando spetta alla moglie l’assegno di mantenimento? Questo chiarimento compete all’avvocato divorzista.
L’assegno di mantenimento personale può essere richiesto dalla moglie quando non abbia un reddito proprio che le consenta di mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.
E’ tuttavia evidente che, in molti casi, a seguito della separazione, duplicando i costi, nessuno dei due coniugi potrà mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Inoltre il Giudice dovrà tenere in considerazione anche altri fattori.
E’ vero infatti che la casa coniugale viene assegnata al genitore prevalente perché possa continuare a vivervi con i figli, ma è altresì vero che l’assegnazione alla madre di una casa che sia parzialmente, o ancor peggio integralmente, di proprietà del marito, costituisce un vantaggio economico per la stessa che il Giudice dovrà considerare.
Per stabilire se alla moglie spetti un contributo al proprio mantenimento da parte del marito, dunque, il Giudice dovrà considerare i redditi e i patrimoni di entrambi i coniugi (una moglie potrebbe infatti non lavorare ma avere un patrimonio immobiliare che le consente di vivere di rendita), l’ulteriore vantaggio economico dell’assegnazione della casa coniugale se di proprietà del marito, eventuali debiti di entrambi (mutui e finanziamenti), il costo della casa coniugale e il tenore di vita goduto durante il matrimonio per determinare se alla moglie spetti o meno un contributo al proprio mantenimento da parte del marito.
Non è quindi sufficiente che la moglie lavori per scongiurare al marito l’obbligo di versarle un assegno di mantenimento se il reddito che la stessa percepisce è di gran lunga inferiore a quello del marito o non le consente di mantenersi dignitosamente.
Certamente, qualora la moglie non abbia un reddito proprio, come avvocato divorzista mi premurerei di avvisare il marito che sarà verosimilmente tenuto a contribuire al suo mantenimento, a meno che la perdita del lavoro da parte della moglie non sia stata volontaria ed ingiustificata.
Devo anche chiarire che ho espressamente riferito l’assegno di mantenimento solo alla moglie perchè nella mia lunga carriera non mi è mai capitato che fosse un marito a chiedere l’assegno di mantenimento per sé alla moglie, né ho mai visto sentenze che condannassero la moglie a mantenere il marito.
I tempi stanno cambiando e così come ho assistito padri che hanno ottenuto il collocamento prevalente dei figli minori – una volta molto più raro – non escludo che presto sarà più frequente leggere sentenze che attribuiscano un assegno di mantenimento a favore del marito.
Dovrò pagare qualcosa a mia moglie per il mantenimento dei figli?
Il contributo al mantenimento dei figli è spesso dovuto dal genitore che non ha il collocamento prevalente.
A differenza di quanto ho riferito per l’assegno di mantenimento a carico della moglie in favore del marito, come avvocato divorzista ho assistito padri che, avendo avuto il collocamento prevalente dei propri figli, oltre ad ottenere l’assegnazione della casa coniugale, hanno altresì ricevuto un contributo al mantenimento per i figli collocati in via prevalente presso di loro.
Il contributo al mantenimento dei figli, oltre ad essere parametrato ai redditi dei genitori, è altresì rapportato – o così dovrebbe essere – anche agli obblighi di accudimento assunti dai genitori e ai tempi di permanenza dei figli presso l’uno e l’altro genitore.
A fronte di redditi equivalenti e di un collocamento paritario, pertanto, entrambi i genitori dovranno provvedere direttamente al mantenimento dei figli, senza che vi sia alcun passaggio di denaro dall’uno all’altro.
Ogni avvocato divorzista vi potrà confermare, invece, che a fronte di uno squilibrio reddituale rilevante, anche a fronte di un collocamento paritario, sarà verosimilmente dovuto un assegno di mantenimento al coniuge economicamente più debole, al fine di perequare la situazione finanziaria dei due genitori.
Se poi, oltre allo squilibrio reddituale, il genitore meno abbiente sarà il genitore collocatario dei figli minori, verosimilmente avrà diritto ad un assegno di mantenimento per i figli stessi, al fine di poter provvedere a quanto necessario per la cura e l’accudimento degli stessi.
Cosa sono le spese straordinarie?
Le spese straordinarie sono tutte quelle spese che un genitore deve sostenere per i figli e che non sono ricomprese nel contributo al mantenimento ordinario.
Le spese straordinarie possono essere spese mediche, scolastiche o extrascolastiche, devono essere sempre documentate dal genitore che le sostiene e chiede all’altro di rifondere la propria parte e sono suddivise spesso in spese che richiedono e spese che non richiedono il preventivo accordo.
Anche solo in Lombardia, i Protocolli relativi alle spese straordinarie, sottoscritti tra gli avvocati divorzisti, i consigli degli ordini territoriali degli avvocati e i Tribunali sono diversi da distretto a distretto.
Solo per fare un esempio, il Protocollo del Tribunale di Bergamo e il Protocollo del Tribunale di Lecco prevedono la mensa scolastica tra le spese straordinarie, mentre il Protocollo del Tribunale di Brescia, così come il Protocollo del Tribunale di Monza e il Protocollo del Tribunale di Milano, in ossequio alle conformi decisioni in merito della Corte di Cassazione, includono la mensa nel contributo ordinario al mantenimento.
Quanto tempo deve passare tra la separazione e divorzio?
Come avvocato divorzista, esperta in diritto di famiglia, mi sono spesso trovata a rispondere a questa domanda, ma anche in questo caso la risposta è diversa a seconda che le parti abbiano optato per una separazione consensuale o per una separazione giudiziale.
I coniugi che si separano consensualmente, infatti, possono divorziare sei mesi dopo, mentre i coniugi che si sono trovati ad affrontare una separazione giudiziale dovranno attendere almeno un anno prima di poter divorziare.
La riforma Cartabia, tuttavia, ha introdotto la possibilità di depositare con il ricorso per separazione consensuale anche il ricorso per il divorzio congiunto ed in tal caso sarà il Tribunale a fissare direttamente l’udienza (che si potrà svolgere anche per iscritto senza necessità che i coniugi presenzino), in modo da pronunciare il divorzio con una specie di automatismo, decorsi i 6 mesi dalla separazione.
Conclusione
Affrontare una separazione e un divorzio è un processo complesso che richiede assistenza legale qualificata. Parlare con un avvocato divorzista esperto in diritto di famiglia ti aiuterà a chiarire i tuoi diritti e ad affrontare la situazione con maggiore sicurezza.
Se hai bisogno di consulenza personalizzata, contatta lo Studio Legale Tassinari & Sestini per una prima valutazione del tuo caso.