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Cosa fare in caso di incidente stradale?

incidente stradale

E sopratutto, come ottenere il risarcimento che ci spetta?

Nessuno vorrebbe rimanere coinvolto in un incidente stradale.

Tuttavia, potrebbe accadere.

Ogni giorno, infatti, ci muoviamo a piedi, con l’auto o con altri mezzi.

Anche prestando la massima attenzione, non possiamo prevedere il comportamento delle persone che ci circondano.

E’ quindi importante sapere cosa fare, per evitare di fare passi falsi.

Ecco, di seguito, alcuni consigli utili.

Incidente stradale: le prime mosse

La prima mossa è: niente panico!

Lo so, la situazione non aiuta.

Piove, magari è già buio, sei sicuramente in ritardo per qualche impegno e … non è nemmeno colpa tua!

Tu fai sempre di tutto per non avere problemi:

rispetti i limiti di velocità e gli stop, ti fermi con il semaforo arancione, non fai sorpassi azzardati.

E ora ti ritrovi con la macchina distrutta e dolori dappertutto.

La prima cosa che ti suggerisce l’istinto è quella di scendere dalla macchina e metterti ad urlare contro chi ti è venuto addosso.

Come dicevamo, invece, è importante mantenere la calma.

L’obiettivo è uno:

compilare il modulo di constatazione amichevole e farlo firmare a chi ti è venuto addosso.

E’ importante, infatti, che chi è responsabile dell’incidente, dichiari di esserlo.

In questo modo, riuscirai ad ottenere più in fretta il risarcimento che ti spetta.

Devi recuperare tutti i dati e fare anche qualche fotografia.

Se riesci a farlo, sei già passi avanti.

Se, invece, il responsabile non collabora, chiama le Autorità (vigili o carabinieri).

In tal modo, saranno loro a raccogliere i dati e le testimonianze di chi ha visto cosa è successo.

Testimoni: devono essere indicati

Se ci sono testimoni, è importante che vengano indicati subito.

Nel modulo di constatazione amichevole c’è un apposito spazio per indicare i dati dei testimoni.

Se interviene l’Autorità, verranno raccolte subito anche le dichiarazioni.

Ricordati che, dopo le ultime riforme, se i testimoni non vengono identificati quando accade l’incidente, non potranno più essere indicati.

Quindi, se ci sono contestazioni, non potrai chiedere aiuto a nessuno per dichiarare come sono andate le cose.

La denuncia del sinistro

Il sinistro deve essere denunciato possibilmente entro 3 giorni.

Anche se la richiesta può essere formulata in un momento successivo, purché entro 2 anni dal giorno in cui è accaduto.

La denuncia è indispensabile per poter richiedere ed ottenere il risarcimento del danno.

Può essere presentata da te, da solo o con l’aiuto della tua agenzia.

Oppure, se non vuoi avere pensieri, puoi rivolgerti ad un professionista che farà tutto al posto tuo.

Prenderà contatti con l’assicurazione, manderà i documenti, svolgerà la trattativa.

Il professionista ti darà anche consigli e indicazioni su cosa fare dopo il sinistro.

Sia per la riparazione del veicolo, che per le lesioni che potresti aver subìto.

Obiettivo: il risarcimento del danno

Nella gestione dell’incidente stradale, ogni passaggio è importante.

Per questo motivo essere seguiti, fin da subito, da un legale di fiducia può fare la differenza.

Ricorda quale è il tuo obiettivo:

ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Senza dover perdere troppo tempo e senza avere pensieri.

Se anche tu hai sei stato coinvolto in un incidente stradale e cerchi assistenza, contattaci.

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Hai avuto un incidente? Ed ora non sai come avere il risarcimento danni che ti spetta.

risarcimento danni

Di solito accade nelle giornate difficili, quando già sei in ritardo o hai avuto degli imprevisti.

Qualcuno si distrae, magari col telefonino, e non si accorge che hai azionato la freccia e ti sei fermato per svoltare.

Oppure sei fermo in colonna e l’auto che sopraggiunge ti tampona, magari spingendoti anche contro l’auto che ti precede.

Spesso accade nelle giornate di pioggia.

O ancora in pieno orario di traffico, con le altre auto che suonano e sorpassano, senza pensare che tu potresti avere bisogno di aiuto.

La prima mossa: compilare il modulo di constatazione amichevole

La prima cosa da imparare è di non farsi vincere dalle emozioni.

Rabbia, agitazione, panico, non ti aiuteranno di certo a raggiungere l’obiettivo.

Quindi, dopo aver verificato se qualcuno ha bisogno di un’ambulanza, mettiti all’opera.

Chiedi i dati delle altre persone e dei veicoli coinvolti e compila il modulo di constatazione amichevole, avendo cura di farlo anche firmare e di scrivere il nome di eventuali testimoni.

Se i testimoni non vengono indicati subito, non potranno più essere chiamati a riferire l’accaduto.

Scatta anche alcune fotografie: del luogo dell’incidente, dei danni subiti dalle auto (non solo la tua), della posizione dei veicoli e della segnaletica stradale.

In caso di difficoltà, contatta le autorità e chiedi il loro intervento.

Tutte queste informazioni saranno utili a te o al tuo avvocato di fiducia per chiedere e ottenere il risarcimento danni da parte dell’assicurazione.

La seconda mossa: fare denuncia e chiedere il risarcimento danni

Come se non bastasse, oltre ad avere subìto dei danni, ora devi capire come avere il risarcimento.

Significa che, fra i mille altri impegni quotidiani, devi attivarti con la carrozzeria, ma anche con visite mediche o interventi e con l’assicurazione.

Ti parleranno di CID, di responsabilità, di perizie, di liquidatore.

Dovrai gestire la raccolta dei documenti, svincolarti fra uffici e telefonate.

Sarebbe magnifico potersi affidare a qualcuno che gestisca questa situazione al posto tuo e che, con la propria esperienza, sappia darti consigli utili.

Infatti, mentre tu stai pensando a come organizzarti, ci sono i termini da rispettare per fare la denuncia, i documenti da inviare, le decisioni da prendere.

E allora perché non affidarsi da subito ad un professionista esperto, che possa liberarti da queste preoccupazioni e affiancarti per ottenere il giusto risarcimento.

Magari evitandoti anche qualche passo falso.

Se non si conoscono le procedure, infatti, è più facile fare errori o perdere la pazienza.

Rendendo così più lungo e difficile il percorso per ottenere il risarcimento.

E se l’ostacolo è la paura di dover pagare all’avvocato più di quanto pensi di ottenere con il risarcimento, ricorda che solitamente, se si raggiunge un accordo con l’assicurazione, le spese del professionista vengono sostenute direttamente dall’assicurazione che paga il risarcimento.

In ogni caso, potrai confrontarti con l’avvocato prima di affidargli l’incarico.

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Chi è il responsabile di un tamponamento a catena?

La risposta non è scontata come si potrebbe pensare.

Bisogna, innanzitutto, precisare che, quando lo scontro avviene fra due soli veicoli, si ha un tamponamento “semplice”.

Si parla di tamponamento “a catena” solo quando ad essere coinvolti sono 3 o più veicoli.

In tal caso, inoltre, bisogna fare un’altra precisazione e distinguere fra due ipotesi.

Il tamponamento a catena, infatti, può avvenire tra:

  • veicoli in movimento;
  • veicoli fermi in colonna.

A seconda del caso che si verifica, è applicabile una norma diversa e, quindi, diverse sono le conseguenze.

Tale distinzione è riconosciuta anche dalla giurisprudenza, che si è espressa in più occasioni su tale argomento.

L’ultima recente pronuncia è intervenuta con l’ordinanza n. 15788 del 15.06.2018.

Tamponamento a catena fra veicoli in movimento

Nell’ipotesi di tamponamento a catena fra veicoli in movimento è applicabile l’art. 2054, 2 comma, del codice civile.

La norma recita: “si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli“.

In questo caso, pertanto, sia il tamponante che il tamponato (che a sua volta è anche tamponante del veicolo che lo precedeva) sono ritenuti colpevoli in egual misura.

Si presume, infatti, che entrambi non abbiano mantenuto la distanza di sicurezza rispetto al veicolo che precedeva.

Per liberarsi della colpa, devono provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Tamponamento a catena fra veicoli fermi in colonna

In questo secondo caso, invece, è applicato l’art. 2043 del codice civile che obbliga colui che ha commesso un fatto, dal quale deriva un danno ingiusto ad altri, a risarcire tale danno.

Il responsabile, pertanto, in questa seconda ipotesi, è un unico soggetto: il conducente che ha avviato “la catena”, tamponando da dietro l’ultimo dei veicoli della colonna stessa.

In questo senso si è espressa anche la Cassazione con l’ordinanza sopra richiamata.

La Suprema Corte ha, infatti, osservato che che nel corso della causa era stato accertato che i veicoli coinvolti nel tamponamento a catena “procedevano lentamente ed erano incolonnati” ed anche che un altro veicolo era sopraggiunto ad alta velocità.

Ha quindi ritenuto che il principio da applicare fosse quello contenuto nel’art. 2043 c.c., in forza del quale unico responsabile doveva ritenersi il conducente del veicolo sopraggiunto, che aveva “scatenato” il tamponamento.

Il risarcimento dei danni, quindi, dovrà essere richiesto a tale soggetto ed alla sua assicurazione.

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Tabelle di MilanoIl Tribunale di Milano ha varato le nuove “Tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita/grave lesione del rapporto parentale“, meglio note come Tabelle di Milano o Tabelle Milanesi.

A cosa servono le Tabelle di Milano?

Le Tabelle di Milano contengono i parametri più utilizzati per quantificare il risarcimento che spetta a chi ha subito un danno non patrimoniale risarcibile.

Parametri che costituiscono un punto di riferimento per gli addetti ai lavori.

Le Tabelle sono ideate perché i Giudici possano avere un criterio economico per condannare il responsabile del danno al pagamento di una somma risarcitoria.

Tali parametri sono un punto di riferimento anche per gli avvocati esperti in responsabilità civile e per i liquidatori delle compagnie assicurative.

Tali tabelle si applicano nei casi in cui il danno non dipenda dalla circolazione stradale (per esempio in caso di infortuni sul lavoro) e nei casi in cui, pur dipendendo dalla circolazione stradale, le lesioni siano di grave entità.

In tali casi, che si tratti della trattativa per il risarcimento in via stragiudiziale tra l’avvocato e il liquidatore di turno, o della sentenza del Giudice, i parametri adottati per la quantificazione del danno sono mutuati dalle Tabelle di Milano.

Cosa cambia con le nuove Tabelle di Milano 2018?

Le nuove Tabelle di Milano hanno innanzitutto la funzione di aggiornare in termini di rivalutazione gli importi già presenti nelle precedenti Tabelle del 2014.

In questo caso, inoltre, le nuove Tabelle Milanesi recepiscono anche quattro nuove voci di danno non patrimoniale che la giurisprudenza da qualche tempo riconosce.

Le nuove voci di danno previste dalle nuove Tabelle di Milano sono:

  1. il danno da “premorienza”;
  2. il danno cd. “terminale”;
  3. il danno da diffamazione a mezzo stampa;
  4. il danno ex art. 96 c.p.c., ossia il danno causato da cd. “lite temeraria”, da chi abbia agito o si sia difeso in un giudizio civile con mala fede o colpa grave.

Il danno da “premorienza” o “danno biologico intermittente”

Il danno da “premorienza”, anche detto “danno biologico intermittente”, si verifica quando il danneggiato muore prima che gli sia stato risarcito il danno, per cause del tutto indipendenti.

La morte del danneggiato fa venir meno il presupposto sulla base del quale viene calcolato il risarcimento del danno biologico permanente.

Il risarcimento del danno biologico, infatti, si basa proprio sulla presunzione che la persona lesa si troverà a convivere con gli esiti del danno subito per il resto della propria vita.

In quest’ottica, a parità di danno, più la persona è giovane, più è alto il risarcimento.

Per anni si è discusso se e in che misura il risarcimento del danno da premorienza potesse essere preteso dagli eredi.

Negli ultimi anni i Giudici hanno sempre più spesso riconosciuto il diritto al risarcimento di tale danno.

Si è quindi aperta una diatriba in ordine alla quantificazione del danno, che ora il Tribunale di Milano sembra risolvere con le nuove Tabelle 2018.

Il criterio scelto dalle Tabelle di Milano prescinde dall’età del danneggiato e si poggia invece sull’idea che la sofferenza del danneggiato sia stata più elevata nei primi anni immediatamente successivi, per andare diminuendo negli anni successivi.

 Il danno “terminale”

Il danno cd. “terminale” è il danno che la vittima di lesioni mortali soffre quando la morte non sia immediata, ma avvenga dopo un apprezzabile lasso di tempo dal verificarsi del danno.

Il danno della vittima per l’agonia che precede la morte è riconosciuto da tempo dai Giudici, che lo liquidavano nei modi più disparati.

Le Tabelle di Milano tentano quindi di portare ordine ed uniformità, rendendo certo e predeterminabile tale danno.

Un buon uso di tali tabelle potrà anche agevolare la liquidazione del danno “terminale” in via stragiudiziale, sgravando i Tribunali del relativo contenzioso.

Il Tribunale di Milano riassume nelle proprie tabelle i seguenti criteri:

  1. Unitarietà del “danno terminale”: ricomprende ogni voce di danno biologico temporaneo risarcibile;
  2. Durata limitata: oltre un numero massimo di 100 giorni si ritiene che il danno risarcibile torni ad essere il danno biologico permanente ordinario che si sommerà all’ordinario danno biologico temporaneo;
  3. Coscienza: la vittima deve essere cosciente e consapevole dell’essere in fine della propria vita;
  4. Intensità decrescente e metodo tabellare: poiché pare scientificamente provato che il danno tenda a decrescere con il passare del tempo, il risarcimento avviene con metodo tabellare che assegna un risarcimento decrescente dal primo all’ultimo giorno di agonia;
  5. Personalizzazione: dal quarto giorno la valutazione giornaliera del danno può essere personalizzata in relazione alle circostanze del caso sino ad un aumento massimo del 50%;
  6. Valori convenzionali: le tabelle tengono conto dei parametri già adottati dai Giudici, distinguendo il danno terminale da quanto liquidato in caso di morte immediata.

Il danno da diffamazione a mezzo stampa

Dopo aver esaminato 89 sentenze emesse dai Tribunali di Milano, Roma e di altre città distribuite tra nord, centro e sud Italia, le Tabelle di Milano tentano di uniformare la quantificazione del risarcimento dovuto alla vittima del reato di diffamazione a mezzo stampa.

La notorietà del diffamante e le cariche pubbliche o professionali ricoperte dal diffamato, oltre alla natura e la reiterazione della condotta, al mezzo usato ed alla risonanza mediatica creata sono alcuni dei criteri scelti per determinare l’entità del risarcimento.

Sulla base di tali criteri sono stati varati i seguenti parametri:

  1. Tenue gravità della diffamazione: danno liquidabile da Euro 1.000 ad Euro 10.000;
  2. Modesta gravità della diffamazione: danno liquidabile da Euro 11.000 ad Euro 20.000;
  3. Media gravità della diffamazione: danno liquidabile da Euro 21.000 ad Euro 30.000;
  4. Elevata gravità della diffamazione: danno liquidabile da Euro 31.000 ad Euro 50.000;
  5. Eccezionale gravità della diffamazione: danno liquidabile in importo superiore Euro 50.000.

Il danno da “lite temeraria”

La cd. “lite temeraria” è definita dall’art. 96 del codice di procedura civile come “Responsabilità aggravata”.

Secondo la norma, se risulta che la parte che ha perso che ha perso la causa ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su richiesta dell’altra parte, condanna, oltre che alle spese del giudizio, anche al risarcimento dei danni che liquida in sentenza.

Secondo le Tabelle di Milano, il danno viene liquidato sostanzialmente utilizzando i medesimi criteri usati dal giudice per la liquidazione del compenso.

Salvo che in quest’ultimo caso , le novità introdotte dalle nuove Tabelle milanesi serviranno verosimilmente anche a ridurre i contenziosi.

Sino ad oggi, infatti, in assenza di parametri riconosciuti, chi vantava il diritto al risarcimento di un danno da “premorienza” o “terminale” doveva rivolgersi ad un Tribunale per ottenerne riconoscimento e quantificazione.

Parametri certi ed univoci aiutano e favoriscono la trattazione del danno anche in via stragiudiziale, senza cioè che sia necessario ricorrere ad un giudice.

La trattazione del risarcimento da parte dell’avvocato esperto nella trattazione dei danni gravi dovrebbe essere quindi ulteriormente favorita.

Il risarcimento del danno grave in via stragiudiziale potrà ora essere perseguita anche per le voci di danno che richiedevano in precedenza la quantificazione del Giudice.

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Le buche stradali sono un grosso problema che, specialmente nei periodi di pioggia e neve, interessa tutte le strade.

Sarà capitato a tutti, infatti, di trovare sulle proprie strade qualche buca, più o meno profonda.

A parte il fastidio di sobbalzare ad ogni buca, il problema è che dall’incontro con le buche stradali possono derivare dei danni.

Chi risarcisce i danni causati dalle buche stradali?

La questione è sempre stata difficile.

A seconda della strada sulla quale ci si trova, infatti, si può avere un responsabile diverso: il Comune, la Provincia, la società che gestisce l’autostrada.

Una volta individuato il soggetto competente, poi, bisogna riuscire ad ottenere da questo il risarcimento.

In linea teorica, la questione sembra agevolmente risolta dalla legge.

L’art. 2051 c.c., infatti, prevede che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia“.

Le nostre strade sono “custodite” generalmente dalle amministrazioni pubbliche, che quindi sarebbero tenute automaticamente a risarcire i danni.

Tuttavia, sempre l’art. 2051 c.c  precisa che il custode può liberarsi dalla responsabilità se “prova il caso fortuito”.

Nel caso delle buche stradali, quindi, nessuna responsabilità per l’amministrazione se prova il caso fortuito, cioè il verificarsi di un evento imprevedibile.

Questa la questione esaminata dalla Suprema Corte e decisa con l’ordinanza n. 6034/18.

Il caso riguardava la richiesta di risarcimento formulata da un ciclista all’amministrazione per le lesioni riportate dopo una caduta dalla bicicletta a causa dell’omessa manutenzione stradale.

La corte d’Appello si era pronunciata stabilendo che vi fosse un concorso di colpa fra il Comune ed il ciclista danneggiato.

Il Comune contesta la decisione presentando un ricorso in Cassazione e chiedendo che venga pronunciata l’esclusiva responsabilità del ciclista.

A fondamento della propria richiesta il Comune afferma che se il ciclista avesse prestato la dovuta attenzione e prudenza, ciò gli avrebbero consentito di vedere le buche stradali ed attuare le manovra necessarie per evitarle.

Nel pronunciarsi, la Cassazione richiama principi di diritto già dalla stessa esposti in precedenti decisioni.

In particolare, la Corte sottolinea che bisogna considerare il consolidato principio secondo cui l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione.

Ed ancora, ricorda che il criterio di imputazione della responsabilità in capo al custode della cosa per i danni da questa cagionati (ex art. 2051 c.c.) prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima.

Tra i principi di diritto richiamati dalla Corte anche il seguente:

nella categoria delle cause di esclusione della responsabilità oggettiva per danno da cose, la condotta del danneggiato – che entri in interazione con queste – si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso (…) fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso“.

Responsabilità del Comune, ma non solo

In conclusione, la Cassazione conferma  la pronuncia della Corte d’Appello, rilevando che la stessa è conforme ai principi già espressi dalla Suprema Corte.

In questo caso, quindi, il Comune è tenuto a risarcire al ciclista i danni da questo subiti, ma solo parzialmente, essendo ravvisabile responsabilità non solo in capo all’ente, ma anche in capo al ciclista.

Come detto, la questione è particolare ed è necessario valutare caso per caso.

 

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Con la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” (Legge n. 124/2017) pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 4 agosto 2017 è stata introdotta una serie di novità anche in tema di assicurazioni auto.

assicurazioniVediamo alcune delle novità più interessanti.

Sconti obbligatori sulle polizze

Sono introdotti a favore di chi fa installare sulla propria auto la “scatola nera”, un dispositivo elettronico che consente il monitoraggio e la registrazione delle informazioni relative al mezzo di trasporto ed al comportamento del suo conducente.

L’obiettivo è quello di incentivare l’installazione delle scatole nere per prevenire le frodi e accelerare la procedura di accertamento della responsabilità nel sinistro.

Infatti, la legge richiamata prevede espressamente che le risultanze del dispositivo elettronico formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo.

Testimoni

Viene introdotta, nel Codice delle Assicurazioni private, una norma che prevede che in caso di sinistri con soli danni a cose, l’identificazione di eventuali testimoni sul luogo dell’incidente deve risultare dalla denuncia di sinistro (cioè dal Modulo di constatazione amichevole o dal verbale dell’Autorità intervenuta).

In alternativa l’identificazione dei testimoni dev’essere contenuta nel primo atto formale del danneggiato (cioè, nella richiesta di risarcimento) o, in mancanza, deve essere richiesta direttamente dall’assicurazione a mezzo raccomandata da inviare entro 60 giorni dalla denuncia del sinistro.

In tale ultimo caso, l’assicurazione deve avvisare espressamente l’assicurato che il nominativo dei testimoni dev’esserle comunicato entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta.

L’Assicurazione deve altresì informare l’assicurato che l’identificazione di testimoni oltre i suddetti termini comporta l’inammissibilità della prova testimoniale in caso di eventuale giudizio.

Peraltro, è altresì previsto il monitoraggio dei nominativi dei testimoni.

Se il nominativo di un testimone risulta presente in più di tre sinistri fra quelli registrati nella banca dati dei sinistri negli ultimi cinque anni, può essere trasmessa una segnalazione alla Procura della Repubblica per accertamenti.

Anche in tal caso, la normativa ha l’obiettivo di prevenire le frodi alle assicurazioni.

Tabella unica per il risarcimento del danno

Altra novità nel codice delle Assicurazioni private è la previsione della predisposizione di una specifica tabella unica, valida su tutto il territorio della Repubblica, per il risarcimento del danno non patrimoniale.

La tabella unica nazionale sarà predisposta con Decreto del Presidente della Repubblica e sarà applicabile ai sinistri ed agli eventi verificatisi successivamente all’entrata in vigore del suddetto Decreto.

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infortunio sul lavoroL’Inail è tenuto a risarcire il danno subito dal lavoratore in conseguenza di un infortunio sul lavoro.

Rientrano tuttavia nella categoria “infortunio sul lavoro” anche gli incidenti dovuti alla circolazione stradale, se avvenuti lungo il tragitto che porta il lavoratore da casa all’azienda e viceversa, in orario compatibile con l’orario lavorativo.

In tali casi si parla di infortunio in itinere.

In caso di infortunio sul lavoro, dunque, il lavoratore danneggiato dovrà rivolgersi all’Inail per ottenere l’integrale risarcimento del danno subito?

La risposta a questa domanda è negativa.

L’Inail risarcisce solo il danno biologico pari o superiore al 6% e l’eventuale danno patrimoniale subito dal lavoratore a seguito dell’infortunio sul lavoro, ma non anche il danno morale.

Il lavoratore che subisce un infortunio sul lavoro di lieve entità (inferiore al 6%), dunque, dovrà rivolgersi solo al responsabile del danno per ottenere il risarcimento anche del danno biologico.

Il soggetto tenuto a risarcire il danno lieve conseguente ad un infortunio sul lavoro sarà dunque il datore di lavoro, se il danno è avvenuto in azienda, oppure l’assicurazione del mezzo che ha causato l’incidente stradale, se si tratta di infortunio in itinere.

Il lavoratore che subisce un danno biologico più grave (o comunque superiore al 6%) in conseguenza di un infortunio sul lavoro, dovrà invece chiedere il risarcimento sia all’Inail, sia al responsabile del danno.

Poiché peraltro il danno biologico ed il danno morale, calcolati secondo i criteri civilistici, sono superiori al danno biologico liquidato dall’Inail secondo i criteri di legge, spetterà al danneggiato anche il cosiddetto danno differenziale, ossia il maggior danno dato dalla differenza tra il danno calcolato secondo i criteri civilistici ed il danno liquidato dall’Inail.

Bisogna sottolineare che l’Inail, se il danno biologico è pari o superiore al 16%, ossia per tutti gli infortuni gravi, non può erogare il risarcimento tutto con un unico pagamento, ma è tenuto ad effettuare il pagamento sotto forma di una rendita mensile, commisurata all’entità del danno e calcolata secondo parametri di legge.

Ovviamente l’Inail che è tenuto a risarcire il danno subito dal lavoratore avrà poi diritto a richiedere al responsabile del danno anche quanto pagato in conseguenza dell’infortunio sul lavoro.

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animali-selvaticiPercorrendo strade di montagna o posizionate vicino a zone boschive, può accadere di avere un “incontro ravvicinato” con animali selvatici.

Se il nostro veicolo subisce danni, chi paga?

In caso di incidente con animali selvatici, l’Ente può essere ritenuto responsabile

In una sua pronuncia (sentenza n. 232/16), il Giudice di Pace di Lanciano ha condannato la Regione Abruzzo a risarcire il danno in base alle fatture di meccanico e carrozziere depositate in giudizio.

Il malcapitato automobilista si era infatti scontrato con un cinghiale percorrendo una strada statale in un tratto in cui non era presente il segnale di pericolo di attraversamento di animali selvatici.

Il Giudice di Pace, esaminate tutte le circostanze dell’incidente, ha ritenuto che la Regione non ha adottato tutte le misure idonee ad evitare il fatto (cioè l’incidente causato dall’attraversamento del cinghiale).

Ha quindi confermato la presenza di una condotta colposa ex art. 2043 c.c. in carico alla Regione.

Bisogna tuttavia precisare che, nel caso esaminato, ha avuto peso non solo la mancanza di segnaletica, ma anche la circostanza, ad esempio, che in zona era in atto un ripopolamento di cinghiali.

Pertanto, poteva essere prevedibile l’attraversamento della strada da parte di qualche esemplare e la Regione avrebbe dovuto attivarsi in modo idoneo non solo per segnalare la circostanza, ma anche per evitarla.

Tale precisazione è importante perché la decisione del Giudice di Pace (che dichiara responsabile la Regione) non stabilisce un principio generale, ma è applicabile solo nel caso esaminato.

Quindi, non si può affermare che ogni volta che si subiscono danni a seguito di scontro con animali selvatici la responsabilità debba essere addebitata all’Ente (Regione o Provincia o ANAS).

La sola mancanza di segnaletica non è sufficiente per poter considerare responsabile l’Ente

La Corte di Cassazione, infatti, precisa che “occorre la allegazione o quantomeno la specifica indicazione di una condotta omissiva” (Cass. civ. 9276/2014).

Non può quindi ritenersi sufficiente, per dichiarare la responsabilità dell’Ente, la sola mancanza di segnalazioni stradali di pericolo di attraversamento di animali selvatici, ma devono essere presenti anche altri elementi (ad esempio, il fatto che l’Ente abbia gestito in modo inadeguato la fauna per la anomala incontrollata presenza di molti animali).

Ogni episodio, quindi, va esaminato in tutti i suoi aspetti.

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risarcimento del danno non patrimonialeIl risarcimento del danno non patrimoniale è soggetto a dibattiti giurisprudenziali sempre aperti ed è perciò materia complessa in continua evoluzione.

Senza avere la pretesa di esaurire l’argomento, cerchiamo in questo articolo di spiegare nel modo più semplice possibile quando è dovuto e come si calcola il risarcimento del danno non patrimoniale.

Quando è dovuto il risarcimento del danno non patrimoniale?

A differenza del risarcimento del danno patrimoniale, del quale abbiamo già parlato in questo blog, il risarcimento del danno non patrimoniale, secondo quanto espressamente previsto dall’articolo 2059 del codice civile, si attua solo nei casi determinati dalla legge.

Ma quali sono i casi determinati dalla legge?

Il caso previsto dalla legge che indubbiamente viene più spesso invocato è il caso in cui la lesione subita dal danneggiato derivi da un fatto di reato.

L’articolo 185 del codice penale, infatti, prevede espressamente che “ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole“.

Tutti sanno che a seguito di un sinistro stradale, la persona che abbia subito una lesione ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito, ma pochi sanno cosa determina questo diritto.

Il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla persona che subisca una lesione fisica, per esempio, in un sinistro stradale o anche in un infortunio sul lavoro, sorge in conseguenza del reato di lesioni personali di cui si rende artefice il responsabile del danno.

Il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale si fonda quindi su un fatto di reato, ma sorge  indipendentemente dal fatto che il reato sia stato oggetto di una denuncia-querela da parte del danneggiato.

E’ infatti sufficiente che il fatto dannoso si possa qualificare come fatto di reato e non serve una condanna penale perché il danneggiato possa vantarne il risarcimento.

Quale danno può essere risarcito e come si calcola il risarcimento?

Il risarcimento del danno non patrimoniale ha la funzione di riparare a qualunque tipo di compromissione, fisica o morale, che il danneggiato abbia dovuto sopportare in conseguenza di un fatto illecito.

Sebbene il danno non patrimoniale abbia natura unitaria, convenzionalmente si distingue in danno biologico, danno morale e danno esistenziale anche allo scopo di descrivere il tipo di danno subito e di effettuare una più agevole quantificazione dello stesso.

Il danno biologico

Il danno biologico è la lesione – che può essere temporanea o permanente – alla integrità fisica o psichica della persona, che possa essere accertata da un medico e che produce un effetto negativo sulle attività quotidiane e vita sociale e di relazione del danneggiato.

Il danno biologico prescinde dal reddito della persona danneggiata e dalla sua capacità produttiva, che incidono invece sul danno patrimoniale.

Il danno morale

Il danno morale è una voce del danno non patrimoniale che rappresenta la sofferenza soggettiva e il turbamento emotivo causati al danneggiato dal fatto illecito subito.

Il danno esistenziale

Il danno esistenziale è così denominato perché identifica il danno all’esistenza stessa della persona danneggiata, che si può oggettivamente accertare, in quanto consiste un un peggioramento della qualità di vita, a causa dell’alterazione delle sue abitudini e degli assetti relazionali, inducendolo a scelte di vita diverse.

La quantificazione del risarcimento del danno non patrimoniale è frutto di una convenzione, non essendo possibile attribuire un prezzo al dolore di una persona.

Fatta tale doverosa precisazione, vediamo come si calcola il risarcimento del danno non patrimoniale.

La legge n. 57 del 2001 ha previsto espressamente la quantificazione del risarcimento del danno dovuto alla circolazione stradale, ma tale previsione è limitata al solo danno biologico che abbia prodotto lesioni permanenti in misura non superiore al 9% (cd. micropermanenti) e al danno biologico temporaneo relativo ed è limitata appunto ai soli danni prodotti da sinistri stradali.

E’ infatti doveroso precisare che non esiste in Italia una normativa organica che disciplini il risarcimento del danno non patrimoniale, la cui quantificazione, quando il danno è grave (cd. macropermanenti) o non deriva dalla circolazione stradale, è lasciata al libero apprezzamento del giudice.

Al fine di dare un minimo di organicità alla quantificazione di tale danno, tuttavia, alcuni Tribunali, tra i quali il Tribunale di Milano ed il Tribunale di Roma, hanno prodotto tabelle volte a fornire al Giudice un criterio più o meno uniforme per la quantificazione del danno non patrimoniale, rapportandolo all’entità della lesione fisica subita dal danneggiato in termini percentuali ed all’età del soggetto danneggiato.

Tanto più è giovane il soggetto danneggiato e tanto più grave è la lesione subita, tanto maggiore sarà l’entità del risarcimento riconosciuto.

Nella seduta del 21/03/2017 la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge n° 1063-A recante “Modifiche alle disposizioni per l’attuazione del codice civile in materia di determinazione e risarcimento del danno non patrimoniale”.

In disegno di legge è quindi ora al vaglio del Senato e la materia sarà quindi presto rivoluzionata nell’ottica di uniformare i risarcimenti.

 

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sinistro mortaleUn sinistro mortale, ove la causa del fatto che ha provocato la morte della vittima non sia attribuibile alla vittima stessa, dà diritto al risarcimento del danno. Ma chi sono i soggetti che possono vantare tale diritto?

La domanda è legittima e la risposta tutt’altro che scontata, considerato che il risarcimento del danno in caso di sinistro mortale, è complicato dalle diverse sfaccettature del danno stesso.

Il risarcimento del danno non patrimoniale derivante da un sinistro mortale è un diritto dei prossimi congiunti, iure proprio, cioè a prescindere dalla loro qualità di eredi, quando il rapporto di stretta parentela con la vittima o altre condizioni personali, evidenzino un grave turbamento morale per la perdita di una persona alla quale erano affettivamente legati.

Il risarcimento del danno, riconosciuto ai prossimi congiunti della vittima di un sinistro mortale, costituisce il prezzo che il legislatore dà al dolore per la perdita del loro caro.

Ma chi sono i “prossimi congiunti” che hanno diritto al risarcimento del danno in caso di sinistro mortale?

I prossimi congiunti che hanno diritto al risarcimento del danno morale, in conseguenza di un sinistro mortale si distinguono in due categorie:

  • la prima categoria identifica sostanzialmente tutti i componenti della cosiddetta famiglia nucleare, per i quali il diritto si presume (indipendentemente dalla convivenza con la vittima) e non v’è bisogno, quindi, di fornire la prova del danno morale subito: il coniuge (o il convivente, ovvero ancora il partner nel caso di unione civile), i figli, i genitori, i fratelli e le sorelle avranno quindi senz’altro diritto al risarcimento.
  • la seconda categoria, invece, ricomprende tutti gli altri parenti (nonni, nipoti, zii, cugini) ed affini (nuore, generi, cognati, suoceri) che, per vedere riconosciuto il diritto al risarcimento, dovranno dimostrare, di aver perso, con la morte del familiare, un valido sostegno morale ed affettivo, oltre che, eventualmente, anche economico: circostanze queste che è difficile si possano verificare in assenza di convivenza.

Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale conseguente al sinistro mortale, spetta sono a quei prossimi congiunti, generalmente conviventi con la vittima, che possano dimostrare, in concreto, di essere stati privati, a seguito del sinistro mortale, di una fonte di reddito, ovvero di un qualche beneficio economico di cui già beneficiavano e del quale avrebbero, presumibilmente,  continuato a beneficiare in futuro.

Esclusivamente agli eredi spetterà invece il risarcimento del danno al quale avrebbe avuto diritto la vittima se fosse sopravvissuta, il cosiddetto danno iure hereditatis, ossia il danno che si ripercuote nel patrimonio della vittima e che produce conseguenze destinate a trasmettersi agli eredi (per es. il danno all’autovettura, in caso di sinistro mortale dovuto alla circolazione stradale).