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Invenzioni: quali sono i diritti e gli obblighi di un’impresa e di un proprio dipendente in caso di invenzioni realizzate da quest’ultimo in ambito lavorativo?

Cerchiamo di fare chiarezza.

Le conoscenze tecnico – specialistiche dei lavoratori subordinati e le relative invenzioni assumono grande importanza all’interno della realtà aziendale.

Il Legislatore nazionale ha disciplinato la materia delle invenzioni del lavoratore subordinato nel Codice di Propeità Industriale e nel Codice Civile.

È palese la volontà di contemperare le esigenze imprenditoriali ed i diritti del prestatore inventore, soggetto debole.

L’autore di un’invenzione è il soggetto che individua una soluzione ad un problema tecnico irrisolto, oppure che realizza semplificazioni o nuovi accorgimenti a processi e strumenti preesistenti.

Il principio generale è il seguente: il diritto al brevetto per invenzione industriale spetta all’autore dell’invenzione.

Fino a prova contraria, l’autore coincide con il soggetto indicato come tale al momento della registrazione del brevetto.

Il brevetto consente al soggetto indicato quale inventore di utilizzare in via esclusiva l’invenzione  per un determinato lasso di tempo, con conseguente sfruttamento dei diritti patrimoniali e morali.

Nel caso in cui l’invenzione venisse realizzata nell’ambito di un rapporto di lavoro, il Legislatore nazionale ha statuito un’espressa eccezione alla regola generale, che comporta una netta scissione tra il c.d. “profilo morale” e quello “economico”.

Il diritto morale del dipendente ad essere riconosciuto come autore dell’invenzione coesiste con il diritto del datore di lavoro allo sfruttamento economico della stessa, salvo “equo premio” da corrispondere al lavoratore a fronte di determinati requisiti.

Il diritto morale ad essere riconosciuto quale autore della scoperta è inalienabile.

Di conseguenza, all’atto della brevettazione dell’invenzione, il lavoratore dev’essere indicato quale autore dello stesso.

In caso contrario il datore di lavoro incorrerebbe in una violazione dei diritti morali del lavoratore subordinato.

L’ordinamento prevede tre differenti categorie di invenzioni:

le invenzioni di servizio

le invenzioni di azienda

le invenzioni occasionali

Si ha invenzione di servizio ove l’attività inventiva venga compiuta in adempimento di un contratto di lavoro che preveda la stessa quale oggetto e, a tale scopo, statuisca una specifica retribuzione.

In questo caso i diritti derivanti dal trovato appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante al dipendente di esserne riconosciuto autore.

Per quanto concerne le invenzioni di azienda, il contratto stipulato tra le parti non dispone un compenso a fronte dell’eventuale attività creativa.

In tale ipotesi il datore ha diritto all’utilizzazione esclusiva dell’invenzione ma all’inventore, fatti salvi i diritti morali, spetta un equo premio da determinare in considerazione di alcuni fattori.

Le invenzioni occasionali si realizzano qualora il trovato non abbia nulla a che fare con le mansioni svolte dal lavoratore, ma rientri nel campo di attività dell’impresa.

Solo in questo caso, al prestatore di lavoro spetteranno tutti i diritti, morali e patrimoniali, derivanti dalla scoperta, residuando in capo al datore di lavoro un diritto di opzione per lo sfruttamento industriale della stessa.

Le difficoltà sorgono quando, all’atto pratico, va distinta l’invenzione di azienda rispetto all’invenzione di servizio.

Alla luce di quanto sin’ora evidenziato, il datore di lavoro potrebbe, discrezionalmente, decidere di corrispondere ex ante ai dipendenti interessati una somma quale corrispettivo delle attività inventive, accettando il rischio che nelle more del contratto non si realizzi alcuna invenzione.

Avv. Lorenzo Coglitore

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Confondibilità del marchio: la valutazione di tale rischio costituisce un passaggio fondamentale nel giudizio di contraffazione.

Ma quando un marchio può essere confuso con un altro?

La risposta è semplice e complicata allo stesso tempo.

Confondibilità del marchio: i marchi sono confondibili se il pubblico di riferimento può credere che il prodotto o servizio provenga dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate.

La difficoltà dell’interprete sta nel valutare tutti i parametri sulla base dei quali va svolto tale giudizio di comparazione.

L’accertamento circa la confondibilità tra marchi in conflitto deve compiersi in via globale, avendo riguardo all’insieme dei loro elementi salienti grafici, visivi e fonetici, nonchè di quelli concettuali o semantici, ove esistenti.

Confondibilità del marchio: la valutazione del rischio di confusione deve fondarsi sull’impressione complessiva prodotta dai marchi in confronto, rilevando la percezione dei segni da parte del consumatore medio.

Il giudizio di confondibilità del marchio va svolto al momento della scelta, quando il consumatore normalmente non ha di fronte entrambi i segni ma solo uno di essi.

Il consumatore, pertanto,  non confronta due marchi entrambi posti innanzi a sè per svolgerne un compiuto esame visivo, ma paragona solo mentalmente ciò che vede con il ricordo dell’altro.

Occorre sempre tenere conto dello specifico tipo di clientela cui il prodotto è destinato e le normali modalità del suo approccio al tipo di prodotto cui si riferisce.

Il cd. livello di attenzione del consumatore medio varia in funzione della categoria di prodotti o servizi di cui trattasi.

Se, per taluni prodotti, il consumatore di riferimento si dimostra particolarmente attento ed avveduto – ad esempio quelli “di lusso” e costosi – è l’opposto per i prodotti definibili “a buon mercato”.

Così, è noto che il consumatore impiega maggior attenzione quando sceglie un bene di consumo durevole – come un elettrodomestico o una vettura – rispetto ad un acquisto cd. d’impulso.

Solo nel primo caso il consumatore sceglie dopo un attento e ponderato controllo di tutti i dettagli del prodotto, con un più elevato grado di attenzione.

Il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore a motivo della sua notorietà sul mercato.

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Avv. Lorenzo Coglitore

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Tutela di marchio e brevetti: come difendersi

Proprietà intellettuale e abusi e violazioni su Amazon e Facebook

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Il software rappresenta l’esempio più evidente della nuova tendenza espansionistica della proprietà intellettuale.

Abuso di connessione internetI software trovano immediata protezione nel diritto d’autore, per il semplice fatto della loro creazione.

Possono anche ottenere una tutela come brevetto nel caso in cui vadano a realizzare una nuova utilità di natura tecnica.

Quello che ancora oggi viene sottovalutato è che la possibile coesistenza di questi regimi di tutela può creare dei problemi.

Il software è uno strumento tecnico che può essere impiegato sia per la realizzazione di un programma per computer, sia per la realizzazione di un’invenzione tecnica.

Se il mezzo utilizzato è il medesimo, il bene intellettuale può assumere infatti una fisionomia differente.

La tutela del diritto d’autore rimane per il software inteso come programma per leaboratore elettronico (computer, tablet, smartphone).

Di contro, il software inteso come invenzione informatica può essere tutelato da un brevetto.

Nella pratica, tuttavia, non è sempre facile scindere tali differenti aspetti e, in tali casi, possono sorgere diversi problemi.

Ad esempio, il software come diritto d’autore è immediatamente tutelabile, all’atto medesimo della sua creazione.

Invece, un programma che vuole diventare brevetto necessita di determinate e specifiche formalità costitutive, senza le quali il brevetto non esiste.

Può accadere che mentre un software privo di profili inventivi ben può essere oggetto di esclusiva tutela autoriale, un’invenzione di software sarà anch’essa immediatamente soggetta alla tutela autoriale, anche se l’inventore non sia interessato.

Non solo: potrebbe anche verificarsi una situazione in cui la commercializzazione di un programma coperto da diritto di autore violi, perchè magari lo incorpora inconsapevolmente, altro brevetto di software.

I problemi nascenti dalla possibilità di avere tutele distinte, facenti capo a soggetti diversi su porzioni del medesimo bene, vengono amplificati se concepiti all’interno di un’azienda.

Nelle cosiddette invenzioni di servizio e di azienda i diritti derivanti dall’invenzione competono al datore di lavoro, salvo il diritto del lavoratore all’equo premio nella seconda ipotesi.

Di gran lunga più problematica l’ipotesi della cosiddetta invenzione occasionale, cioè quell’invenzione fatta dal lavoratore al di fuori dell’ambito delle sue mansioni di lavoro.

In tale ultima ipotesi potremmo trovarci di fronte a una titolarità disgiunta: il diritto di autore spetterebbe al datore di lavoro, mentre il diritto al brevetto spetterebbe all’inventore.

In conclusione, mettere nero su bianco “cosa” spetta a “chi” risulta, ancora una volta, la migliore soluzione per evitare di finire in Tribunale.

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Slogan e la sua tutela

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Informazioni aziendali: sono quelle informazioni che hanno valore economico e che non sono generalmente note o facilmente accessibili a terzi.

Le informazioni rappresentano gli asset attraverso i quali le aziende perseguono i propri obiettivi commerciali.

A volte queste informazioni possono diventare oggetto della specifica protezione prevista dalla legge in materia di proprietà intellettuale (ad es. diritto d’autore) od industriale (ad es. brevetti).
Tuttavia, anche quando ciò non si verifica, per scelta del titolare o per mancanza dei requisiti, le informazioni possono comunque beneficiare di una forma di tutela speciale purchè le stesse abbiano un valore per l’azienda ed, in quanto tali, siano mantenute segrete.
Il Codice di Proprietà industriale prevede innanzitutto come oggetto della tutela:
  • le informazioni aziendali
  • le esperienze tecnico-industriali e quelle commerciali
  • i dati relativi a prove od altri segreti la cui elaborazione comporti un considerevole impegno e dalla cui presentazione dipende l’autorizzazione alla messa in commercio di prodotti chimici o farmaceutici
ed, in secondo luogo, stabilisce che tali informazioni sono suscettibili di tutela a condizione che:
  • siano segrete, cioè ignote o non facilmente accessibili agli esperti ed operatori del settore
  • abbiano valore economico in quanto segrete
  • siano sottoposte a misure di protezione adeguate
Il requisito della segretezza si atteggia in modo particolare perchè riguarda le informazioni considerate nel loro complesso oppure in una specifica configurazione e combinazione dei loro elementi costitutivi.

Informazioni aziendali: in giurisprudenza è pacifica la proteggibilità delle infomazioni inerenti la clientela e le condizioni economiche ad essa praticate.

Nello specifico, sono proteggibili elenchi contenenti nominativi di clienti, fornitori e condizioni contrattuali.

 La tutala offerta dalla normativa in merito alla concorrenza sleale rileva solo quando non opera quella prevista dal Codice di Proprietà industriale.

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Difendersi dalla concorrenza sleale e dallo sviamento di clientela

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Il problema tecnico alla base di un’invenzione: è necessaria la sua enunciazione nella descrizione del brevetto?

problema tecnico brevettoLa giurisprudenza italiana risponde affermativamente.

La dottrina, tuttavia, sposa la tesi opposta.

Cerchiamo di capirci di più.

Il Tribunale di Milano, in relazione a un brevetto relativo a un meccanismo di chiusura per contenitori di gelato, ne ha statuito la nullità in ragione della totale assenza di indicazioni circa la problematica che il brevetto avrebbe voluto risolvere.

Tale fattispecie ha raggiunto la Cassazione.

Questa ha confermato che l’impossibilità di riscontrare quale sia il problema tecnico che il brevetto intende risolvere ne comporta l’impossibilità di conoscere il gradiente di originalità necessario alla sua convalida.

La Cassazione, in altra fattispecie, ha evidenziato che la descrizione chiara e completa del problema tecnico rispetto al quale il brevetto si pone come soluzione ne costituisce indispensabile requisito formale.

Altre pronunce hanno evidenziato, peraltro, che tale carenza non può essere colmata in corso di causa.

A fronte di tale impostazione, numerose sono le perplessità della dottrina.

Quest’ultima, infatti, sostiene che tale impostazione potrebbe togliere di mezzo, in astratto, circa la metà dei brevetti attualmente esistenti in Italia.

Un trovato può essere considerato nuovo e inventivo se risolve un problema tecnico, ma la soluzione di un problema prescinde dalla sua esplicita enunciazione.

Non bisogna, infatti, dimenticare che la descrizione di un brevetto è destinato alla lettura di un tecnico.

Quest’ultimo, per definizione, è in grado di comprendere il problema tecnico risolto dall’invenzione, senza che esso sia espressamente indicato nella parte descrittiva del brevetto.

La dottrina, peraltro, osserva che i motivi di nullità di un brevetto sono tassativamente previsti dal Codice di Proprietà industriale.

Quest’ultimo, tuttavia, non prevede tra i motivi di nullità la mancata descrizione del problema tecnico che il brevetto vorrebbe risolvere.

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Violazione del brevetto: anche il venditore in buona fede è responsabile della contraffazione.

Il brevetto conferisce al titolare un diritto di esclusiva sul prodotto, sia in relazione alla fabbricazione, sia in merito alla commercializzazione dello stesso.

Se viene immesso sul mercato un prodotto nuovo o, comunque, migliore dei precedenti e lo stesso riscuote successo, è probabile che i concorrenti cercheranno di fabbricare prodotti simili o uguali al prodotto originale.

Ciò potrebbe condizionare negativamente la propria attività commerciale, soprattutto nel caso in cui per creare un prodotto nuovo o migliorato si è investito in modo significativo nel suo sviluppo.

Risultano, pertanto, responsabili della contraffazione tutti i soggetti che contribuiscono alla diffusione di un prodotto contraffatto, compreso il venditore in buona fede.

Altro elemento importante è quello che, ai fini dell’accertamento della violazione dek brevetto, non hanno rilievo l’eventuale dolo o colpa del contraffattore.

Il titolare del diritto di esclusiva può vietarne l’uso a terzi senza il proprio consenso in quanto la sua violazione si configura in ogni ipotesi di riproduzione abusiva, a prescindere dalla buona fede del soggetto che realizza l’abuso.

Sotto il profilo risarcirtorio, la giurisprudenza maggioritaria evidenzia che il danno non sussiste per il semplice fatto della contraffazione.

Lo stesso dev’essere pur sempre provato, anche mediante presunzioni.

Il danno può consistere anche nel pregiudizio all’immagine che un’azienda può subire a seguito della violazione del brevetto.

In alcuni casi la giurisprudenza italiana ha liquidato a titolo di danno all’immagine una percentuale dei ricavi ottenuti dalla venditrice dalla vendita del prodotto contraffatto.

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Concorrenza sleale e pratiche commerciali scorrette

Denigrazione e concorrenza sleale

 

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Proprietà intellettuale: quasi tutti i social media, siti di e-commerce e motori di ricerca adottano procedure che consentono ai titolari di un diritto di privativa di segnalare abusi commessi in rete.

Il fine ultimo, ovviamente, è quello di scongiurare di essere coinvolti in azioni legali per concorso nell’illecito insieme al proprio utente e cliente.

Vediamo quali strumenti gratuiti offrono il principale sito di e-commerce (Amazon) e il sociale network più diffuso (Facebook).

Amazon ha lanciato un sistema denominato “Brand Registry” che consente ai titolari di marchi di intercettarne l’utilizzo non autorizzato.

Quanto sopra avviene mediante una ricerca per testo o per immagini.

La registrazione a tale registro ha il beneficio di ridurre la possibilità di violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e fornire maggiore autorità al marchio stesso.

Attualmente possono essere iscritte a tale Registro marchi verbali e marchi figurativi con elementi verbali.

Altro sistema idoneo a tutelare i diritti di proprietà intellettuale è quello creato da Facebook.

Il social network più famoso del mondo viene sempre più spesso utilizzato dalle aziende per pubblicizzare i propri prodotti.

Lo strumento offerto è denominato “Commerce & Ads IP Tool”.

Tale sistema costituisce uno strumento con un’interfaccia che consente all’utente di svolgere alcune operazioni molto efficaci.

Per esempio, è possibile cercare nel testo e nel titolo delle inserzioni post su Marketplace e annunci di vendita nei gruppi, per verificare se un marchio registrato è stato menzionato.

Analizza i risultati e identifica eventuali contenuti che potrebbero violare diritti di proprietà intellettuale.

Segnala, infine, i contenuti direttamente a Facebook.

Il sistema consente, inoltre, di ordinare e filtrare i risultati di ricerca per trovare solo i contenuti che l’utente desidera analizzare e per segnalare tali contenuti singolarmente o in gruppo.
Per richiedere l’accesso a “Commerce & Ads IP Tool” è necessario compilare un’apposita domanda di iscrizione.
In conclusione, per le aziende che vogliono tutelare i propri diritti di proprietà intellettuale gli strumenti grautiti sopra descritti possono risultare certamente utili.
Salva la possibilità, in ogni caso, di attivare servizi di web watching più strutturati e sistematici a pagamento.
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Uno slogan può fare la differenza.

Ed è proprio per questo che è necessario, a volte, conoscere gli strumenti giusti per tutelare lo slogan.

La cosa più facile è depositare l’intero slogan come marchio.

Il marchio può essere una parola, un disegno, una lettera, un colore ed anche uno slogan, purchè atto a distinguere agli occhi di un consumatore i prodotti e i servizi di un’impresa sul mercato.

 

Lo slogan è una breve espressione in grado di esprimere un concetto in modo efficace e sintetico, che può essere registrato come marchio solo se dotato di sufficiente capacità distintiva e percepito dai consumatori come chiaro segno che indica la provenienza imprenditoriale di un prodotto.

Si pensi a società famose come Nike e Coca Cola che hanno rispettivamente depositato il marchio “Just do it” e “Taste the feeling”.

Così facendo, entrambe le società hanno acquisito il diritto di utilizzarlo in via esclusiva, vietandone l’uso a terzi.

Si pensi, ancora, all’espressione “Connecting People” registrata da Nokia e a quella “I’m Lovin’It” registrata da MCDonald’s Corporation.

Per poter essere registrato come marchio non basta che lo slogan sia una semplice espressione elogiativa o un semplice messaggio promozionale.

Per esempio, a livello europeo è stata respinta la domanda di marchio “Tame it” (ovvero “Domali!”) presentata dalla società Wella in riferimento ad oli essenziali e cosmetici per capelli.

La ragione è semplice: l’esaminatore ha ritenuto che i consumatori di lingua inglese avrebbero percepito l’espressione di cui sopra come una mera incitazione all’uso dei prodotti medesimi e non come l’indicazione di provenienza imprenditoriale degli stessi.

Tuttavia, il deposito dello slogan come marchio non è l’unica possibilità.

Se l’espressione utilizzata, infatti, è dotata di carattere creativo, può essere protetta dalla legge sul diritto d’autore.

In tal caso non è necessaria alcuna registrazione, ma solo la possibilità di dimostrare la paternità del claim medesimo e il suo carattere creativo alla luce della legge sul diritto d’autore.

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Marchio e Influencer Marketing: si tratta di una tecnica di valorizzazione dei marchi basata su meccanismi di comunicazione virale.

Influencer - Marketing - pubblicità - marchioL’Influencer Marketing è una forma di marketing che si basa sull’uso della notorietà acquisita da persone già note, le quali hanno a propria volta influenza sui consumatori.

Tale fenomeno consiste nella diffusione su blog e social network di fotografie, video e commenti da parte di personaggi di riferimento del mondo on line (bloggers e influencers) che mostrano approvazione per determinati brand.

Non si tratta, pertanto, si semplici celebrities, ma di veri e propri creatori di tendenze.

Nasce così il cd. product placement, strumento di marketing molto efficace, che consiste nella promozione del prodotto e del relativo marchio attraverso il suo inserimento all’interno di una narrazione che avviene on line.

L’Influencer può indossare un abito di un certo stilista, o reclamizzare l’effetto benefico di un determinato cibo.

Ci sarà sempre un nutrito numero di consumatori che si convincerà dell’opportunità di acquistare quel prodotto.

Pertanto, la personalità, la reputazione e l’immagine del personaggio contribuiscono a rafforzare il marchio pubblicizzato.

Tuttavia, bisonga fare attenzione a non ledere i diritti di esclusiva di terzi soggetti.

Ad esempio, è opportuno ottenere un’autorizzazione scritta a pubblicare l’immagine della persona ritratta, verificando se ci siano altri rapporti contrattuali che legano il testimonial ad altri brand.

E che cosa accade se nell’immagine appaiono marchi di soggetti terzi diversi da quello oggetto di sponsorizzazione?

L’inserimento non autorizzato di marchi di terzi costituisce violazione dei diritti di esclusiva di questi ultimi.

Vi è un altro fattore cui bisogna fare attezione.

L’utilizzo dell’Influencer Marketing rischia, concretamente, di porsi in contrasto con le regole di trasparenza e correttezza: se le scelte dell’Influencer sono dettate da specifici accordi con i titolari dei brand e i consumatori non sono informati di ciò, l’inganno ai danni di questi ultimi è palese.

Ed è proprio per questo che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha cominciato ad indagare su tale fenomeno.

La pubblicità dev’essere chiaramente riconoscibile come tale e il divieto di pubblicità occulta deve essere applicato anche alle comunicazioni diffuse tramite i sociale network.

Non v’è dubbio, quindi, che l’Influencer Marketing e la connessa promozione dei brand sia materia da trattare con molta attenzione.

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Avv. Lorenzo Coglitore

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Validità del brevetto: i requisiti e l’ambito di applicazione di un brevetto possono essere individuati  attraverso la combinazione delle singole rivendicazioni.

brevettoAnche la descrizione e i disegni allegati alla domanda servono a chiarire la portata delle rivendicazioni e, per l’effetto, la validità del diritto.

Nel luglio 2017 il Tribunale di Firenze si è pronunciato in merito ad un’ipotesi di contraffazione.

In particolare, la società “A” operante nel settore della produzione di macchine per caffè espresso agiva in giudizio nei confronti della società “B”.

“A” lamentava la contraffazione di un proprio brevetto italiano avente ad oggetto una macchina per caffè dotata di un particolare meccanismo per la regolazione della pressione dell’acqua e, per l’effetto, sviamento di clientela, confusione nel mercato di riferimento e danno all’immagine.

Si costituiva in giudizio “B”, la quale eccepiva che la propria macchinetta del caffè fosse conforme ad un proprio brevetto di utilità e ad un altro per invenzione, chiedendo così che il Tribunale accertasse la nullità del titolo brevettuale di “A” per carenza degli elementi di novità, originalità e sufficienza nella descrizione del prodotto.

Il Tribunale di Firenze ha respinto, anzitutto, le richieste formulate dalla società “A”, evidenziando come la macchina del caffè utilizzata da “B” non presentasse le medesime caratteristiche tutelate dal brevetto di “A”.

La circostanza più interessante, invece, è rappresentata dal ragionamento effettuato dal Tribunale che ha dichiarato la piena validità del titolo di “A”, pur essendo le singole rivendicazioni esaminate prive dei requisiti di novità e originalità, se considerate separatamente le une dalle altre.

Spiega il Tribunale, invece, che il brevetto in oggetto deve considerarsi valido alla luce dell’insieme delle rivendicazioni contenute nello stesso, ivi comprese le descrizioni e i disegni allegati alla domanda di brevetto.

Il Tribunale fiorentino ha evidenziato, infine, che deve considerarsi valido un brevetto che si presenti come complesso di più elementi, anche scoindibili tra loro, tutti però indirizzati verso l’unico obiettivo di risolvere un problema industriale in modo nuovo rispetto allo stato dell’arte.

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Avv. Lorenzo Coglitore

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