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Il pignoramento immobiliare è stato oggetto di riforme che hanno introdotto importanti novità.

pignoramento immobiliare

E l’inserimento di ulteriori modifiche è allo studio.

Vediamo alcune tra le principali modifiche già introdotte.

Tempistiche più rapide per il pignoramento immobiliare

Un’importante novità è l’introduzione di tempistiche più rapide.

Molti dei termini previsti per il corretto svolgimento del pignoramento immobiliare, infatti, sono stati dimezzati.

Si pensi al termine per il deposito della documentazione ipocatastale, che da 120 giorni è stato ridotto a 60.

Oppure al termine per depositare l’istanza di vendita, anche in tal caso dimezzato e ridotto a 45 giorni.

E’ stato anche previsto un termine breve, di 15 giorni dopo la notifica del pignoramento, per poter dare impulso alla procedura.

Per la corretta prosecuzione del pignoramento, è importante che tutti questi termini vengano rispettati.

Se si arriva in ritardo, infatti, la procedura perde efficacia e viene cancellata.

E’ quindi fondamentale essere affiancati da un professionista che sia aggiornato e conosca le tempistiche.

In questo modo il creditore può trarre vantaggio dalle nuove tempistiche, più rapide rispetto al passato, e non rischiare di esserne pregiudicato.

La perizia dell’immobile pignorato

Anche in tema di perizia dell’immobile ci sono importanti novità.

Innanzitutto, la previsione che il perito incaricato dal Tribunale accetti l’incarico firmando un verbale presso la Cancelleria.

Prima era invece necessaria la presenza del perito ad apposita udienza.

Anche in questo senso, la procedura è stata resa più snella.

Altra novità in tema di perizia, di particolare interesse per il creditore, riguarda i compensi del perito.

Prima il creditore doveva anticipare da subito tutte le somme riconosciute al perito e ne poteva ottenere rimborso solo dopo la vendita dell’immobile.

Ora, invece, è a carico del creditore il solo pagamento di un acconto.

Gli ulteriori compensi che spettano al perito, infatti, sono quantificati sulla base del prezzo ricavato dalla vendita dell’immobile.

Pertanto, non dovranno più essere anticipati dal creditore.

Il portale delle vendite telematiche

In fase di avvio anche la nuova procedura di vendita telematica.

Anziché avvenire in un luogo “fisico” (quale lo studio di un Notaio), la vendita avrà luogo mediante un portale telematico.

Tale novità consentirà a chiunque di partecipare alle vendite, anche senza doversi spostare in altre città.

Ne consegue una maggior probabilità di vendere il bene pignorato.

E quindi maggiori possibilità per il creditore, all’esito della procedura di pignoramento immobiliare, di soddisfare il proprio diritto di credito.

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Lo sfratto è una procedura che consente al proprietario di riprendere possesso del proprio immobile.

sfratto

Ma vediamo di preciso cos’è e, sopratutto, come funziona.

Devono infatti essere rispettati dei requisiti e una procedura speciale.

Cos’è lo sfratto per morosità

Hai un immobile di proprietà (appartamento, negozio o box) che non usi?

E hai pensato che potevi guadagnarci qualcosa.

Così hai cercato qualcuno che fosse interessato ad affittarlo, magari anche tramite un’agenzia.

Ma ora che l’inquilino non paga più il canone, vuoi trovare il modo di riprenderti l’immobile.

Per fortuna, la legge ti dà la possibilità di farlo.

Con la procedura di sfratto per morosità.

E’ una procedura semplificata rispetto ad un normale giudizio.

Basta convocare l’inquilino davanti al Giudice e chiedere al Giudice di convalidare lo sfratto.

Quali sono i requisiti

Per poter avviare la procedura di sfratto per morosità sono necessari alcuni requisiti.

Innanzitutto, è necessario che ci sia un contratto scritto e regolarmente registrato.

Altro requisito è che l’inquilino abbia smesso di pagare il canone pattuito nel contratto.

Il persistere della morosità dovrà essere confermato anche davanti al Giudice.

Come funziona la procedura di sfratto

La procedura deve essere attivata rivolgendosi ad un avvocato.

E’ infatti necessario predisporre un atto giudiziario che va comunicato all’inquilino.

Tale atto contiene la convocazione davanti al Tribunale del luogo dove si trova l’immobile.

All’udienza, se l’inquilino non solleva contestazioni o non paga le somme dovute, il Giudice:

  • convalida lo sfratto, emette cioè un ordine di liberazione dell’immobile;
  • ordina il pagamento delle somme.

Entrambe i provvedimenti vanno comunicati all’inquilino.

Il termine di grazia

All’udienza l’inquilino può comparire e chiedere al Giudice la concessione di un termine di grazia.

Si tratta di un termine non superiore a novanta giorni che il Giudice può concedere se l’inquilino dimostra di trovarsi in condizioni di difficoltà economica.

Entro il termine concesso dal Giudice, l’inquilino deve provvedere al pagamento dei canoni arretrati.

Se non vi provvede, all’udienza successiva il Giudice emetterà il provvedimento di rilascio dell’immobile.

Il pagamento dei canoni

L’ordine di pagamento dei canoni deve essere comunicato all’inquilino.

Se questo non provvede al pagamento, il proprietario – creditore può attivarsi per recuperare il proprio credito con un pignoramento.

L’esecuzione dello sfratto

Se l’inquilino non rilascia l’immobile entro il termine dato dal Giudice, il proprietario, sempre tramite il proprio avvocato, si dovrà attivare per far eseguire l’ordine del Giudice.

Verrà quindi intimato all’inquilino, tramite un pubblico ufficiale, di rilasciare i locali.

Se ancora l’inquilino non vi provvede, il pubblico ufficiale potrà liberare l’immobile con la forza.

Finalmente il proprietario potrà riprendere possesso del proprio immobile.

Sei il proprietario di uno o più immobili e sei alle prese con inquilini che non pagano? Contattaci cliccando qui.

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Sei anche tu un imprenditore che deve fare i conti con un debitore fallito?

debitore fallito

Negli ultimi anni sono infatti aumentate le imprese in difficoltà.

E ciò ha portato ad un aumento delle procedure concorsuali: fallimenti, concordati preventivi, procedure alternative.

Con la conseguenza che chi deve recuperare i propri crediti deve affrontare ulteriori difficoltà.

Debitore fallito: cosa succede ora?

Quando il debitore fallisce, il Curatore – che è il responsabile della procedura di fallimento – comunica a tutti i creditori che è stato dichiarato il fallimento.

L’arrivo di questa comunicazione fa pensare al creditore di aver perso il proprio credito.

Ma non è così: non tutto è perduto!

Anche se interviene il fallimento, spesso si riescono a recuperare beni (mobili, immobili, contanti) del debitore fallito.

Alla fine della procedura, quindi, il Curatore può soddisfare i creditori, in tutto o in parte.

Perché il creditore possa essere soddisfatto, è tuttavia necessario che partecipi alla procedura di fallimento.

Ti starai chiedendo come.

Ci sono tempi e modi previsti dalla legge.

Come recuperare il credito dal debitore fallito

Facciamo innanzitutto chiarezza.

Quando si deve affrontare un debitore fallito, non si può seguire la procedura di recupero del credito “ordinaria”.

Niente ingiunzione di pagamento e nemmeno pignoramento, che anzi, se è in corso viene interrotto.

Dev’essere rispettata la procedura speciale prevista dalla legge.

E’ quindi necessario fare una “domanda di insinuazione al passivo” da mandare al Curatore.

Bisogna però fare attenzione: perché sia fatta correttamente, la domanda di insinuazione deve avere delle caratteristiche precise.

Deve poi essere inviata entro termini e con modalità specifiche.

Per essere sicuri di non sbagliare, ci si può rivolgere ad un professionista.

Crediti normali e crediti speciali

Altra cosa importante: non tutti i crediti sono uguali.

L’assistenza di un professionista è utile anche per tutelare il proprio credito.

Spesso non ci si pensa, ma se il proprio credito è speciale, ci sono più possibilità di recuperarlo.

Ma cosa vuol dire?

La legge distingue fra crediti “normali” (o chirografari) e crediti “speciali”.

E fra i crediti speciali poi ci sono molte ipotesi diverse.

Crediti dei lavoratori, degli artigiani, dei professionisti, dei vettori: in questi casi si parla di privilegio.

Privilegiati sono anche i crediti di chi ha iscritto ipoteca sugli immobili del fallito.

E ancora si parla di prededuzione, ad esempio per i crediti sorti durante la procedura.

Tuttavia, è bene ricordare che non si può generalizzare.

Ognuna di queste categorie ha le sue caratteristiche.

E per far valere la specialità del proprio credito, bisogna dimostrarla.

Come muoversi prima e dopo il fallimento

Spesso si perde il privilegio o si viene esclusi dalla procedura perché non si conoscono le caratteristiche da dichiarare.

O non si sa come dimostrarle e documentarle.

E’importante conoscere questi aspetti, per non perdere l’occasione di recuperare il proprio credito.

Anche prima di trovarsi a farli valere nel fallimento del debitore.

Quindi rivolgiti ad un professionista di fiducia che ti sappia aiutare a gestire la situazione.

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Il recupero crediti è spesso un secondo lavoro per l’imprenditore.

recupero crediti

Portare avanti la propria società, infatti, non significa solo darsi da fare per cercare clienti e ordini.

E’ necessario anche farsi pagare per l’attività che si svolge a favore dei clienti.

E se i clienti non pagano?

Iniziano i problemi e bisogna trovare il modo di “far tornare i conti”.

Spesso le aziende devono dedicare il tempo di uno o più dei propri dipendenti per gestire il recupero crediti.

E talvolta i risultati non sono sempre immediati.

Innumerevoli email e telefonate, con le quali magari si ottengono promesse di pagamento da parte dei debitori, senza che però arrivino risultati concreti.

Intanto il tempo passa, si continua la collaborazione con i debitori per mantenere i contatti, e il debito cresce.

Si mettono a rischio la propria società ed il lavoro fatto con tanto impegno.

Come evitare tutto questo?

Bisogna evitare il panico ed affrontare la questione.

Meglio se affiancati da un professionista che ci possa consigliare la giusta strategia.

L’esperienza e la conoscenza del settore non sono da sottovalutare nella scelta del professionista.

E’ inutile brancolare nel buio o procedere per tentativi, sperando di ottenere qualcosa.

Meglio rivolgersi a chi ci può liberare da questa preoccupazione, che si occupi di tutto ciò che è necessario.

Per poter così dedicare il nostro tempo e le nostre energie a ciò che è davvero importante, senza la preoccupazione di dover navigare a vista.

I primi passi del recupero crediti

Innanzitutto, bisogna scegliere da chi farsi aiutare.

Sono molti i professionisti, ma bisogna scegliere quello adatto a sé.

Tutti vorremmo trovare qualcuno che si occupi davvero di noi.

Qualcuno che ci tenga informati e sappia spiegarci le cose in modo comprensibile, che abbia un metodo di lavoro in cui identificarsi.

Stai pensando che vorresti trovare qualcuno che ti sappia consigliare non solo quando ci sono già i problemi?

Insomma, qualcuno che ti aiuti a prevenirli?

E’ un buon primo passo!

Il professionista adatto a te è quello capace di affiancarti e consigliarti anche nelle fasi contrattuali e stragiudiziali.

Un buon contratto, qualche consiglio su come valutare e scegliere i propri clienti, qualche trucco per gestire “chi fa il furbo”.

Caratteristiche che possono fare la differenza.

E consentirti di liberarti da un indesiderato “secondo lavoro”: il recupero crediti.

Come avere le carte in regola

Si dice: “prevenire è meglio che curare“.

Ci si può, ad esempio, tutelare con un buon contratto:

– decidere in anticipo dove si andrà a discutere di eventuali problemi (Tribunale di competenza) può consentire  di risparmiare tempo e denaro;

– prevedere che, se il debitore non paga, non gli si consegna la merce ordinata, può attenuare le perdite;

– stabilire che, in caso di ritardi nel pagamento o in caso di violazione di un rapporto di esclusiva, il debitore debba pagare una penale, già concordata, consente di non dover dimostrare i danni subìti.

Con il supporto di un buon professionista, quindi, ti puoi organizzare per evitare i problemi o facilitarne la risoluzione.

Cosa fare, nel frattempo, per risolvere i problemi che ti si sono già presentati?

Si parte dalle basi, con qualche verifica sulla situazione del debitore e l’invio di un sollecito.

In tal modo, con costi contenuti, si può già ottenere il pagamento tanto desiderato.

Oppure si riesce ad avviare una trattativa concreta che porti in poco tempo alla firma di un accordo che ti possa tutelare.

Si riesce, quindi, ad andare oltre le semplici promesse di pagamento che fino ad ora il debitore ti ha fatto.

La fase successiva, l’azione giudiziale, viene consigliata solo se necessario e solo se ci sono i requisiti.

L’importante è ricordare che nel recupero crediti la tempestività è fondamentale.

Quindi, non aspettare oltre e rivolgiti al professionista che hai scelto: è il momento di agire!

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La liquidazione del patrimonio è una delle procedure previste a favore del debitore per risolvere la propria situazione di crisi.

Il debitore, come spiegato in precedenza qui, dev’essere un “consumatore” ovvero uno degli altri soggetti indicati dalla legge (professionisti, imprenditori agricoli, etc.).

Come si attiva la procedura di liquidazione del patrimonio

La procedura è parzialmente diversa rispetto a quella prevista per il Piano del Consumatore e per l’ Accordo con i creditori.

Il debitore, per attivare il procedimento, deve depositare la propria domanda presso il Tribunale competente (del luogo di residenza e del luogo in cui il debitore-imprenditore ha la sede principale).

Alla domanda devono essere allegati l’inventario di tutti i beni del debitore e la relazione dell’OCC (Organismo di Composizione della Crisi).

La relazione, in particolare, deve contenere:

a) l’indicazione delle cause di indebitamento e della diligenza del debitore:

b) l’esposizione delle ragioni per cui il debitore è incapace di adempiere;

c) il resoconto della solvibilità del debitore negli ultimi 5 anni;

d) l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dal creditore;

e) il giudizio dell’OCC sulla completezza e attendibilità della documentazione prodotta dal debitore.

La domanda è inammissibile se la documentazione prodotta dal debitore non consente di ricostruire la sua situazione economica e patrimoniale.

Apertura della procedura

Il Giudice, esaminata la domanda, l’allegata documentazione e la relazione dell’OCC, dichiara aperta la procedura di liquidazione del patrimonio.

Con il decreto di apertura il Giudice:

  • nomina un liquidatore;
  • dispone che non possano essere iniziate o proseguite azioni esecutive o cautelari;
  • stabilisce le forme di pubblicità e ordina la trascrizione (nel caso in cui oggetto di liquidazione siano beni immobili o mobili registrati);
  • ordina al debitore la consegna o il rilascio dei beni da liquidare.

La procedura resta aperta sino a che sia completato il programma di liquidazione e, in ogni caso, per 4 anni successivi al deposito della domanda.

Ruolo e attività del liquidatore

Il liquidatore nominato dal Giudice svolge il ruolo che, nel caso di fallimento, è affidato al Curatore.

Deve, innanzitutto, verificare l’elenco dei creditori e la documentazione depositata dal debitore.

Provvede, quindi, a formare l’inventario dei beni.

Avvisa i creditori che possono partecipare alla procedura depositando una domanda di partecipazione.

A tal fine, dà indicazioni circa la data entro cui inviare la suddetta domanda e la data entro la quale sarà comunicato lo stato passivo.

Esaminate le domande di partecipazione, il liquidatore predispone un progetto di stato passivo e lo comunica agli interessati.

In caso di osservazioni, predispone un nuovo progetto e lo comunica ai creditori.

In caso, invece, di contestazioni di particolare complessità, alla formazione dello stato passivo provvede il Giudice.

Formato l’inventario, elabora e comunica ai creditori il programma di liquidazione che, successivamente, provvederà a realizzare.

A tal fine, il liquidatore ha l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio da liquidare.

Pertanto, spetta al liquidatore esercitare ogni azione necessaria per avere la disponibilità dei beni compresi  nel patrimonio da liquidare, anche le azioni di recupero del credito.

Le vendite sono effettuate tramite procedure competitive.

La chiusura della procedura viene disposta dal Giudice dopo aver accertato la completa esecuzione del programma di liquidazione del patrimonio da parte del liquidatore.

L’esdebitazione

Se all’esito della procedura di liquidazione del patrimonio vi sono debiti residui e non soddisfatti?

Il debitore persona fisica può essere ammesso all’esdebitazione, cioè al beneficio della liberazione da tali debiti.

Per poter accedere a tale beneficio è necessario soddisfare alcuni requisiti, tra i quali:

a) il debitore deve aver cooperato attivamente allo svolgimento della procedura;

b) non deve aver beneficiato di esdebitazione negli 8 anni precedenti la domanda;

c) deve aver svolto un’attività produttiva di reddito o, in ogni caso, cercato un’occupazione;

d) siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori.

L’esdebitazione è esclusa quando emerge che il sovraindebitamento del debitore sia dovuto ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle proprie capacità patrimoniali.

E’ esclusa anche quando, nei 5 anni precedenti, il debitore abbia posto in essere atti in frode ai creditori o abbia favorito alcuni creditori a danno di altri.

Per poter approfittare di tale istituto il debitore deve proporre ricorso entro l’anno successivo alla chiusura della procedura di liquidazione del patrimonio.

Il Giudice, verificati i requisiti e sentiti i creditori non integralmente soddisfatti, dichiara quindi inesigibili tali crediti.

Il provvedimento può essere revocato su istanza dei creditori.

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L’ Accordo con i creditori è un’altra procedura per mezzo della quale può essere superata una situazione di sovraindebitamento.

Nei precedenti articoli abbiamo parlato dei requisiti per accedere alla procedura di sovraindebitamento e del Piano del consumatore.

Accordo con i creditori: quando il debitore non è un consumatore

Se i privati in crisi possono attivare la procedura del Piano del consumatore, quando il debitore è un’impresa (non fallibile, individuale, agricola) la procedura attivabile è l’Accordo di composizione della crisi con i creditori.

La proposta di accordo prevede la continuazione dell’attività d’impresa, essendo altrimenti attivabile la procedura di Liquidazione del patrimonio, che esamineremo in altro articolo.

Come per la procedura del Piano del consumatore,  anche con l’Accordo il Giudice verifica, innanzitutto, che la proposta rispetti i requisiti previsti per legge (che abbiamo spiegato qui).

Viene quindi fissata un’udienza della quale deve essere data idonea pubblicità e devono essere informati tutti i creditori.

Con lo stesso provvedimento, il Giudice prevede anche la sospensione di eventuali procedure esecutive già in corso ovvero il divieto di iniziarne.

Il ruolo dei creditori

A differenza di quanto previsto per il Piano del Consumatore, la procedura di Accordo con i creditori richiede una partecipazione attiva degli stessi.

Infatti, è necessario che i creditori mandino all’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) una dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta formulata dal debitore.

In mancanza di invio della dichiarazione, si ritiene che abbiano prestato il loro consenso.

E’ necessario che l’Accordo sia raggiunto con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti.

Non sono conteggiati, a tal fine, i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca per i quali è previsto il pagamento integrale del credito, salva la rinuncia al diritto di prelazione.

Se l’Accordo è raggiunto, l’OCC trasmette a tutti i creditori una relazione per informarli e consentire il deposito di eventuali osservazioni.

Successivamente, l’OCC trasmette ulteriore relazione al Giudice e attesta la fattibilità della proposta.

Il Giudice provvede, quindi, all’omologa e ne dispone la pubblicazione.

Da tale momento, la proposta omologata è obbligatoria per tutti i creditori anteriori alla data della pubblicità del deposito della proposta.

L’esecuzione dell’Accordo omologato

Come accade per il Piano del Consumatore, anche in caso di procedura di Accordo con i creditori l’esecuzione viene monitorata dall’OCC.

A tale organismo viene assegnato il compito di vigilare e di intervenire per la risoluzione di eventuali difficoltà o problemi dovessero verificarsi.

Impugnazione e risoluzione dell’ Accordo

L’Accordo cessa automaticamente, come nel caso del Piano del Consumatore, se:

  • il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalla scadenza prevista, i pagamenti dovuti alle Amministrazioni Pubbliche ed agli Enti previdenziali e assistenziali;
  • il debitore ha compiuto atti in frode ai creditori.

Può essere anche annullato dal Tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore.

Le ipotesi sono le medesime previste per l’annullamento del Piano del Consumatore (che abbiamo spiegato qui).

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Il piano del consumatore è una delle procedure attraverso le quali il debitore può risolvere la propria situazione di sovraindebitamento.

Abbiamo spiegato nel precedente articolo cos’è il sovraindebitamento, quali sono i requisiti e come si attiva la procedura.

Vediamo ora come si svolge la procedura.

Il piano del consumatore: quando il debitore è un privato

Se il debitore in crisi è un privato, la procedura di sovraindebitamento attivabile è il piano del consumatore.

Il Giudice verifica che la proposta rispetti i requisiti previsti per legge (che si possono verificare qui).

Verifica inoltre che il debitore non abbia compiuto atti frode ai creditori e, quindi, la meritevolezza del debitore.

Fissa quindi un’udienza, dando incarico all’esperto incaricato (Organismo di Composizione della Crisi) di darne avviso ai creditori.

In questo modo è consentito ai creditori di prendere visione del piano del consumatore e di presentare eventuali osservazioni.

Contestualmente il Giudice, se verifica che sono in corso procedure esecutive (ad esempio, il pignoramento dell’abitazione) che potrebbero essere di ostacolo alla realizzazione della proposta, può disporre la sospensione delle stesse.

All’udienza il Giudice, anche alla luce delle eventuali osservazioni dei creditori:

  • verifica la fattibilità e l’idoneità del piano;
  • risolve eventuali contestazione circa l’ammontare dei crediti;
  • verifica che il consumatore non abbia assunto obbligazioni che sapeva di non poter adempiere;
  • verifica che il consumatore non abbia con colpa causato il proprio sovraindebitamento.

Il Giudice dispone quindi l’omologa della proposta.

L’omologa può essere autorizzata anche quando i creditori contestano la convenienza della proposta se il Giudice ritiene comunque che la stessa sia conveniente rispetto ad una procedura liquidatoria.

Intervenuta l’omologa, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali (pignoramenti).

Il piano del consumatore, infatti, è obbligatorio per tutti coloro che avevano un credito anteriore all’omologa.

L’esecuzione del piano del consumatore omologato

Una volta omologato, il piano del consumatore viene eseguito dal debitore.

L’esecuzione viene monitorata dall’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) che interviene a risolvere eventuali difficoltà o problemi dovessero insorgere.

Quando l’esecuzione diviene impossibile per ragioni che non possono essere attribuite al debitore, quest’ultimo può modificare la proposta con l’aiuto dell’OCC.

Revoca e cessazione degli effetti dell’omologa del piano del consumatore

Il Piano cessa automaticamente se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, il pagamenti dovuti alle amministrazioni pubbliche ed agli Enti previdenziali ed assistenziali.

E’ revocato d’ufficio dal Giudice anche se, durante la procedura, risultano compiuti atti in frode ai creditori.

Il Piano può essere revocato anche su istanza dei creditori nelle seguenti ipotesi:

a) quando il debitore, con dolo o colpa grave, ha aumentato o diminuito il passivo ovvero sottratto o dissimulato parte rilevante dell’attivo;

b) se il debitore non adempie agli obblighi derivanti dal piano ovvero se le garanzie promesse non vengono costituite.

L’istanza dev’essere proposta entro 6 mesi dalla scoperta.

Nel prossimo articolo parleremo della procedura di sovraindebitamento utilizzabile dalle imprese: Accordo di composizione della crisi con i creditori.

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L’istituto del sovraindebitamento è stato introdotto dalla Legge n. 3 del 27.01.2012.

sovraindebitamentoSi tratta di una procedura che consente di risolvere lo stato di crisi del debitore, cercando di tutelare, al tempo stesso, anche gli interessi del creditore.

Presupposti soggettivi ed oggettivi

Di seguito indichiamo, innanzitutto, quali sono i presupposti richiesti per l’ammissione alla procedura di sovraindebitamento.

Presupposto oggettivo: il debitore deve trovarsi in una condizione di perdurante squilibrio tra debiti e patrimonio liquidabile.

Deve cioè essere in una situazione di difficoltà o di impossibilità di pagare i propri debiti.

Presupposto soggettivo: il debitore deve essere consumatore, cioè persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale professionale eventualmente svolta.

La legge elenca poi, oltre al consumatore, anche altri soggetti che possono essere ammessi al procedimento.

Fra questi, ad esempio, gli imprenditori commerciali non fallibili, gli imprenditori individuali che si sono cancellati dal registro delle imprese da oltre un anno, gli imprenditori agricoli, i professionisti.

Come si attiva la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento

Il debitore deve formulare una proposta con l’ausilio di Organismi di Composizione della Crisi (OCC) che svolgono funzioni di consulenza legale e finanziaria.

Gli OCC sono enti pubblici (Camere di Commercio – Ordini professionali – Professionisti) dotati di indipendenza e professionalità.

Per operare, gli OCC devono essere abilitati, cioè iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.

Il debitore, per avviare la procedura, può:

  • rivolgersi direttamente agli OCC;
  • rivolgersi al Tribunale – sezione di volontaria giurisdizione, chiedendo che sia il Tribunale stesso a nominare un OCC.

La competenza è dell’OCC (o del Tribunale) del luogo di residenza del debitore ovvero del luogo dove il debitore – imprenditore ha la propria sede principale.

Una volta predisposta con l’ausilio dell’OCC, la proposta del debitore deve essere depositata in Tribunale unitamente alla documentazione necessaria.

L’OCC ha anche il compito di trasmettere la stessa all’agente di riscossione ed agli uffici fiscali.

Il Giudice esamina la proposta e, se la ritiene ammissibile, fissa un’udienza, della quale vengono informati anche i creditori.

Con lo stesso provvedimento, il Giudice stabilisce anche eventuali ulteriori incombenti (ad esempio, le forme di pubblicità).

I contenuti della proposta

Il debitore deve prevedere la messa a disposizione dei propri beni e redditi.

Quando tali beni non sono sufficienti a garantire la fattibilità della proposta, questa deve essere sottoscritta da soggetti terzi che consentono il conferimento di altri beni/redditi per mezzo dei quali è assicurata l’attuabilità della proposta stessa.

La finalità è, infatti, quella di prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti.

La proposta deve essere poi accompagnata dalla documentazione richiesta per legge:

elenco creditori, indicazione delle somme dovute, elenco dei beni del debitore, dichiarazioni dei redditi, attestazione di fattibilità, stato di famiglia del debitore ed elenco delle spese necessarie al sostentamento della famiglia medesima.

Se la proposta è un “Piano del consumatore” (di cui parleremo meglio nel prossimo articolo), è altresì necessario il deposito di una apposita relazione dell’OCC.

Le procedure previste

La legge sul Sovraindebitamento prevede che, a seconda dei casi, la proposta del debitore possa essere formulata mediante diverse procedure:

  • Piano del consumatore, riservato ai privati;
  • Accordo con i creditori, riservato alle imprese (non fallibili, individuali, agricole);
  • Liquidazione dei beni, prevista per risolvere le situazioni più difficili.

Esamineremo nello specifico tali procedure e le loro caratteristiche nel prossimo articolo.

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La indennità di maternità può essere pignorata?

Esaminiamo i vari aspetti della questione.

Il legislatore prevede, a tutela dei creditori, che questi,  ottenuti i necessari provvedimenti del Giudice, possano pignorare beni e/o crediti del proprio debitore.

Una forma particolare di pignoramento è il pignoramento “presso terzi” per mezzo del quale si aggredisce lo stipendio del debitore.

Questa forma di esecuzione è definita appunto “presso terzi” perché viene eseguite per il tramite di un soggetto terzo, il datore di lavoro.

Il datore di lavoro dapprima fa una dichiarazione circa l’esistenza o meno del rapporto.

In un secondo momento attua il provvedimento del Giudice, effettuando le trattenute al dipendente ed il relativo pagamento al creditore.

La legge, tuttavia, prevede dei limiti applicabili a tale tipologia di pignoramento.

I limiti di pignorabilità della indennità di maternità

In particolare l’art. 545 cpc prevede che non possano essere pignorati:

  • i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti,
  • i crediti aventi ad oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficienza.

Da una rapida lettura di tale norma, sembra emergere quindi che le indennità di maternità non possano essere oggetto di pignoramento.

Tuttavia, si ritiene necessario introdurre alcune precisazioni in merito.

Le somme erogate in occasione della “maternità” si distinguono in:

  • somme erogate dall’Inps (direttamente o per il tramite del datore di lavoro), che costituiscono una vera e propria indennità, in quanto tale non pignorabile ai sensi dell’art. 545 cpc;
  • somme erogate dal datore di lavoro, che costituiscono una vera e propria retribuzione, in quanto tale pignorabile nel limite di 1/5 previsto dalla legge.

Bisogna comunque sempre tenere in considerazione che, anche quando sarebbe possibile assoggettare tali somme a pignoramento, al debitore dev’essere garantito il diritto a percepire una “somma minima vitale”, ritenuta indispensabile per consentirgli di vivere dignitosamente.

E’ necessario valutare ogni singolo caso

All’esito di questa analisi, emerge quindi come la pignorabilità o meno della indennità di maternità vada valutata caso per caso, dopo aver esaminato la documentazione e fatto i conteggi delle somme.

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Le aste giudiziarie costituiscono una fase della procedura esecutiva attivata da uno o più creditori per recuperare somme che gli spettano.

Il legislatore, ritenendo che le aste giudiziarie rappresentino uno snodo fondamentale della nostra economia, ha ritenuto opportuno aggiornarne la normativa.

Con il Decreto Legge n. 83 del 2015, quindi, è intervenuto sulla procedura per cercare di renderla più agevole e rapida.

E’ stato così creato e disciplinato il nuovo Portale delle Vendite Pubbliche, entrato ufficialmente in funzione il 18 luglio 2017.

Come funzionano le aste giudiziarie sul nuovo Portale Vendite Pubbliche

Bisogna innanzitutto precisare che le aste giudiziarie possono avere ad oggetto sia beni mobili (arredi, utensili, macchinari), sia beni immobili (case, uffici, capannoni).

Il nuovo Portale Vendite Pubbliche, pertanto, sarà utilizzabile per la vendita di tutte le tipologie di beni.

La novità principale è costituita dal fatto che attraverso tale portale si cercherà di rendere le aste giudiziarie integralmente telematiche.

Saranno cioè svolte attraverso internet tutte le varie fasi della procedura: la pubblicità degli annunci di vendita, la richiesta di poter visionare un immobile, la presentazione dell’offerta di acquisto, la partecipazione all’asta.

Altro aspetto da tenere in considerazione: la nuova procedura consentirà, a chi è interessato, di monitorare e partecipare non solo alle procedure locali, ma a procedure di qualsiasi Tribunale, senza necessità di doversi spostare.

Ciò comporta una maggior visibilità che si ritiene possa agevolare la vendita dei beni pignorati.

Di conseguenza, dovrebbe ottenersi una riduzione dei tempi delle procedure ed anche una maggior soddisfazione dei crediti.

Va comunque segnalato che la partecipazione “fisica” alle aste è ancora possibile.

Il Regolamento delle vendite in via telematica (Decreto Ministeriale n. 32/15), infatti, prevede la possibilità di “vendita sincrona mista”.

Quando il Giudice lo consente, “l’offerta di acquisto e la domanda di partecipazione all’incanto” possono essere presentate su supporto analogico depositato in cancelleria.

Tali soggetti parteciperanno alle aste giudiziarie comparendo innanzi al Giudice o al delegato alle vendite.

L’attività svolta da tali soggetti nel corso della procedura, dovrà ovviamente essere registrata nel portale delle vendite per renderla visibile a coloro che invece partecipano mediante modalità telematica.