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L’ ipoteca è uno strumento che può consentire un miglior recupero del proprio credito.

I tempi possono essere piuttosto lunghi, ma l’importante è il risultato.

Vediamo cos’è, come funziona e quando può essere utilizzata.

Cos’è l’ Ipoteca

E’ un diritto reale di garanzia che viene esercitato su un bene altrui (debitore o terzo “datore”), solitamente un immobile.

Si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari e consente al creditore di espropriare il bene ed essere soddisfatto con “preferenza”.

La legge ne distingue tre diversi tipi:

legale – giudiziale – volontaria

Nelle procedure di recupero crediti, solitamente si fa riferimento alla tipologia “giudiziale”.

Si tratta di un’ipoteca basata su una sentenza o su altro provvedimento di condanna al pagamento .

Uno di questi provvedimenti è, ad esempio, il decreto ingiuntivo che sia stato dichiarato esecutivo.

Come funziona

Innanzitutto è necessario che il debitore abbia la proprietà di beni immobili.

Ottenuto il provvedimento di condanna, il creditore provvedere ad iscriverlo nel registro immobiliare della Conservatoria ove si trova il bene.

E’ necessario che l’ ipoteca venga iscritta su beni indicati in modo specifico e che venga indicata in modo specifico anche la somma di denaro della quale si è creditori.

Una volta iscritta, l’ipoteca “vale” per 20 anni e, in caso di bisogno, può essere rinnovata prima della scadenza.

Su ogni bene possono essere iscritte più ipoteche, da parte di creditori diversi o anche da parte dello stesso creditore a garanzia di crediti diversi.

Se vi sono più ipoteche, le stesse vengono iscritte in ordine di tempo e vengono definite di “primo grado”, “secondo grado”, “terzo grado” etc.

I crediti verranno quindi soddisfatti, una volta intervenuta la vendita del bene, in ordine di iscrizione.

Quando può essere utilizzata

Il creditore può decidere di iscrivere ipoteca e di non azionarla.

Ciò accade quando la si utilizza come mera garanzia, in attesa che l’immobile venga venduto “volontariamente” dal proprietario o che qualche altro creditore attivi l’esecuzione per la vendita forzata dell’immobile.

Tuttavia, se il creditore vuole recuperare quanto prima il proprio credito, la può attivare immediatamente.

Ottenuto il titolo ed iscritta l’ipoteca, può cioè notificare il pignoramento immobiliare ed attivare la vendita forzata dell’immobile.

Quando l’immobile viene venduto, il creditore ipotecario – grazie alla garanzia “iscritta” – viene preferito rispetto agli altri creditori che hanno preso parte all’esecuzione ed il suo credito viene soddisfatto per primo (se l’ipoteca è di primo grado).

Se sei un creditore e sei interessato ad avere maggiori informazioni in merito, contattaci qui.

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cambiale

Confrontati con un legale: ti saprà dare alcune indicazioni utili.

Ad esempio, ti potrà consigliare di chiedere a “clienti sospetti” di rilasciare titoli di credito (assegno – cambiale) per il pagamento.

La procedura “ordinaria” di recupero del credito

Abbiamo visto nei precedenti articoli che la procedura di recupero del credito, solitamente, ha inizio con il “Ricorso per ingiunzione di pagamento” .

L’obiettivo è ottenere dal Giudice la pronuncia di un ordine di pagamento nei confronti del debitore.

Bisogna poi provvedere alla notifica ed attendere che decorrano i termini di legge.

Tale procedura “ordinaria”, quindi, comporta che il creditore sostenga dei costi e attenda il decorso di un certo periodo di tempo.

Costi e tempi possono essere “ridotti” quando si è in possesso di una cambiale o di un assegno.

La procedura “veloce” se hai una cambiale

Se il creditore è in possesso di una cambiale (o anche di un assegno) si possono “saltare” alcuni passaggi della procedura.

La cambiale (in generale, i titoli di credito), se regolari, sono già un “titolo esecutivo”.

In altre parole, hanno lo stesso valore di un Decreto Ingiuntivo.

Non serve, quindi, rivolgersi al Giudice perché pronunci l’ordine di pagamento (Decreto Ingiuntivo) nei confronti del debitore.

Né serve, poi, attendere che decorrano i termini per avviare l’esecuzione forzata (con precetto e pignoramento).

Si procede subito con la notifica dell’atto di precetto.

I requisiti

Perché la cambiale possa valere come “titolo esecutivo” è necessario che sia correttamente compilata e bollata.

Inoltre, deve essere “azionata” entro il termine di 3 anni dalla scadenza.

Se si tratta di assegno, il termine è molto più breve: 6 mesi dalla scadenza.

Decorsi i 3 anni, le cambiali valgono come riconoscimento del debito:

sarai agevolato nell’ottenere il provvedimento del Giudice, ma non ti sarà consentito sfruttare la procedura “veloce”.

Se agisci nei confronti di chi ha emesso e firmato la cambiale, è sufficiente che sia “insoluta”, ma non è necessario che sia “protestata”.

Se la cambiale è firmata anche da un garante oppure è stata “girata”, puoi agire anche nei confronti di questi altri soggetti e non solo nei confronti del tuo debitore originario.

Se vuoi avere maggiori informazioni e anche consigli utili per poter sfruttare questa opportunità, contattaci.

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L’emissione di assegno rientra fra i metodi di pagamento utilizzati tra imprenditori.

assegno

Oggi non è più preso in gran considerazione, perché si teme per i rischi che si possono correre: irregolarità, insoluti, spese di protesto.

Tuttavia, spesso può essere una buona modalità di pagamento per il creditore, poiché accanto ai rischi, presenta anche molti vantaggi.

Approfondiamo l’argomento e vediamo quali sono i vantaggi per il creditore.

La data di emissione

Innanzitutto, è importante ricordare che l’ assegno ha funzione di mezzo di pagamento “immediato”.

Tutti gli assegni, dovrebbero essere completamente e correttamente compilati al momento dell’emissione.

Gli “assegni postdatati”, che spesso vengono emessi a garanzia di un pagamento, sono irregolari.

In questi casi, infatti, dovrebbero essere emessi non assegni, bensì cambiali regolarmente bollate.

L’incasso dell’ assegno

Se l’assegno è regolare, quindi correttamente compilato, deve essere messo all’incasso entro 8 giorni dall’emissione.

Il creditore lo presenta in Banca e attende che il relativo importo gli venga accreditato.

Ci possono essere dei rischi:

il debitore, infatti, potrebbe non essere autorizzato ad emettere assegni oppure non avere fondi sufficienti.

In tal caso, la Banca avvia la procedura di protesto.

Quali sono i vantaggi dell’aver accettato il pagamento a mezzo assegno

Ti starai chiedendo, a questo punto, quali sono i vantaggi dell’aver accettato il pagamento a mezzo assegno.

Ci sono e sono svariati.

Innanzitutto, spesso il debitore è più attento a pagare un assegno che una Riba.

Se non si provvede al pagamento di una Riba, infatti, non c’è nessuna conseguenza se non il fatto che il creditore contatterà il debitore, chiedendo spiegazioni.

Il mancato pagamento di un assegno, invece, può comportare la levata del protesto con tutta una serie di conseguenze “pubbliche” per il debitore.

Questo, dunque, è un buon motivo perché il debitore rispetti l’impegno preso.

Quindi un primo vantaggio per il creditore.

Secondo vantaggio: il ravvedimento dopo il protesto

Può tuttavia capitare che il debitore non voglia o non possa rispettare l’impegno preso e l’assegno resti insoluto.

Anche in questo secondo caso, ci sono dei vantaggi per il creditore.

Come dicevamo, il mancato pagamento dell’assegno comporta l’avvio della procedura di protesto.

Un Pubblico Ufficiale, di solito un Notaio, rileva il mancato pagamento e il nome del debitore viene iscritto nel registro tenuto dalla Centrale di Allarme Interbancaria.

Questo registro è pubblico, quindi chiunque può verificare se un soggetto è un “cattivo pagatore”.

L’iscrizione comporta anche la revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni.

Va segnalato, però, che la pubblicazione del nome non è immediata, ma avviene dopo 60 giorni.

Nei 60 giorni, il debitore può “riparare” al mancato pagamento.

In questo caso, il vantaggio per il creditore consiste nel fatto che il debitore probabilmente provvederà al pagamento entro i 60 giorni per bloccare la pubblicazione del proprio nome.

Peraltro, la legge prevede che il debitore sia tenuto a pagare non solo l’importo indicato nell’assegno, ma anche gli interessi legali, le spese di protesto ed una penale pari al 10% del capitale.

Il creditore, quindi, entro un breve termine e senza dover avviare procedure legali, potrà ottenere la soddisfazione del proprio credito.

Terzo vantaggio: il titolo esecutivo

Se non si dovesse verificare nessuna delle due ipotesi analizzate sopra, e quindi il debitore non provvede al pagamento, non tutto è perduto.

Il creditore si troverà costretto ad avviare un’azione legale di recupero del credito.

Parte tuttavia avvantaggiato.

Infatti, l’assegno rimasto insoluto, sia protestato che non, può essere utilizzato direttamente come “titolo esecutivo“.

L’assegno, cioè, viene equiparato al Decreto ingiuntivo, il provvedimento con il quale il Giudice ordina al debitore di pagare.

Il creditore munito di assegno sarà quindi un passo avanti nella procedura, con un vantaggio sia nelle tempistiche che in relazione ai costi della procedura.

Attenzione però:

l’assegno viene considerato “titolo esecutivo” solo se azionato entro 6 mesi dal giorno in cui è stato presentato all’incasso.

Quarto vantaggio: il riconoscimento di debito

Cosa accade se il termine di 6 mesi è già decorso?

Non tutto è perduto.

Il creditore ha comunque qualche vantaggio.

Sebbene la procedura di recupero del credito dovrà partire dalle prime fasi, senza possibilità di “saltare” i primi passaggi, l’ordine di pagamento emesso dal Giudice sarà “immediatamente esecutivo”.

Con l’emissione dell’assegno, infatti, il debitore ha riconosciuto il proprio debito.

La legge prevede che, in questi casi, al debitore non è concesso il termine di 40 giorni per provvedere al pagamento, ma è richiesto un pagamento immediato.

Il creditore, quindi, potrà notificare al debitore, contemporaneamente, sia il titolo esecutivo che l’atto di precetto.

Con un considerevole risparmio di tempo.

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Il protesto è l’accertamento, da parte di un Pubblico ufficiale, del mancato pagamento di un titolo di credito, ad esempio un assegno.

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La levata del protesto viene normalmente richiesta dalla Banca che, al momento dell’incasso dell’assegno, rilevi un’anomalia, ad esempio che sul conto corrente di riferimento non vi è la provvista sufficiente per effettuare il pagamento dell’assegno.

Ma prima di attivare la procedura che porta alla levata del protesto, ed alla successiva iscrizione dello stesso nel Registro informatico dei protesti, la Banca è tenuta ad avvisare il cliente?

Questa è la questione che ha dovuto esaminare e risolvere il Tribunale di Cassino.

Nel caso sottoposto al Giudice, il cliente, che aveva emesso l’assegno poi protestato, chiedeva al Tribunale l’immediato ordine di cancellazione del protesto elevato appunto per mancanza di provvista.

La suddetta richiesta veniva fondata sul fatto che la Banca avrebbe levato il protesto senza contattare il cliente per avvisarlo che, a causa della ricezione di un atto di pignoramento notificato da un creditore, non avrebbe provveduto a pagare gli assegni emessi dal cliente.

E’ onere del cliente assicurare la permanenza della provvista necessaria per l’incasso

Il Giudice, esaminati gli atti, ha rilevato che è onere del cliente assicurare la permanenza della provvista necessaria per l’incasso.

Nel caso in esame, inoltre, rileva che la notifica del pignoramento è successiva alla notifica dell’atto di precetto, ricevuto da tempo dal cliente/debitore.

Quest’ultimo quindi, nonostante confidasse di raggiungere un accordo transattivo con il creditore, era a conoscenza del debito e del rischio di essere soggetto ad esecuzione.

Con l’ordinanza del 15.02.2017, pertanto, il Tribunale di Cassino ha affermato che la Banca ha mantenuto un comportamento legittimo.

La stessa, infatti, al ricevimento del pignoramento non poteva far altro che azzerare la provvista in giacenza sul conto corrente.

E di conseguenza, come per legge, ha dovuto procedere tempestivamente a far elevare il protesto, senza che le incombesse alcun onere di preavvertire il cliente.