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Sei un imprenditore previdente e cerchi di scegliere i tuoi clienti.

Solitamente preferisci le grosse società di capitali (S.p.A. e s.r.l.).

Credi infatti che queste siano più solide e, quindi, ti causino meno problemi nei pagamenti.

Ti preoccupi, infatti, di non dover spendere il tuo tempo per recuperare i tuoi crediti.

Tuttavia, considera che, in caso tu debba recuperare un credito, se il debitore è una società di persone, ci possono essere dei vantaggi.

I vantaggi del recupero del credito nei confronti di una società di persone

Le società di persone sono, tecnicamente, di tre tipologie:

società in nome collettivo (s.n.c.), società in accomandita semplice (s.a.s.) e società semplice (s.s.).

Ti stai chiedendo quale è il vantaggio del recupero del credito nei confronti di una di queste società?

Il vantaggio è che per ottenere il pagamento si può agire direttamente anche nei confronti dei soci.

Quindi, se anche la società ha problemi di liquidità ed il suo patrimonio non è sufficiente, il tuo credito può comunque essere recuperato.

Puoi infatti richiedere il pagamento ai soci.

In questo modo, avrai due o più soggetti dai quali poter ottenere il pagamento.

In particolare, cosa accade se debitore è una s.n.c.?

Nelle società in nome collettivo, come nelle altre società di persone, il patrimonio della società ed il patrimonio dei soci sono “confusi”.

I soci sono, quindi, personalmente ed illimitatamente responsabili dei debiti della società.

E sono tenuti a rispondere di tali debiti con il proprio patrimonio personale.

Tale responsabilità è stata prevista a favore del creditore, che in questo modo può avere maggiori possibilità di soddisfare il proprio credito.

Il nostro legislatore, in ogni caso, prevede una forma di tutela anche a favore del socio debitore.

La posizione del socio di una snc verso i creditori

Il socio della snc debitrice è tutelato dall’obbligo, previsto in capo al creditore, di agire innanzitutto nei confronti della società.

Solo se il creditore non riesce ad avere soddisfazione attraverso il patrimonio della società, è autorizzato ad agire nei confronti del socio.

Anche se c’è questo vincolo di “escussione preventiva della società”, il creditore può avere benefici.

Infatti il socio, per salvare il proprio patrimonio, cercherà di provvedere al pagamento con i beni della società.

Se non dovesse riuscirvi, potrai aggredire il suo patrimonio.

E’ importante segnalare che, eventuali accordi per mezzo dei quali i soci cercano di limitare la propria responsabilità, non sono validi nei tuoi confronti.

E se il socio vende le proprie quote?

Puoi sempre agire nei suoi confronti.

Infatti, anche se vende le proprie quote, il socio continua a rimanere responsabile per tutti i debiti contratti dalla società quando anche lui ne faceva parte.

Se sei una società e hai bisogno di maggiori informazioni, contattaci.

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Sei un imprenditore e devi recuperare un credito? Puoi fare un intervento nell’esecuzione forzata.

interventoTi stai chiedendo: “di cosa si tratta?

E’ uno dei modi previsti dalla legge per consentirti di recuperare il tuo credito.

Invece che attivarti con un pignoramento, puoi partecipare alla procedura iniziata da un altro creditore.

In tal modo, avrai spese inferiori da anticipare, perché i costi della procedura sono anticipati da chi l’ha iniziata.

Puoi anche approfittare di tempi ridotti, perché eviti una fase della procedura, in quanto già realizzata da altri.

E alla fine della procedura potrai soddisfare il tuo credito.

Quali sono i presupposti per l’ intervento?

Il presupposto necessario è che sia pendente una procedura esecutiva.

In altre parole, dev’esserci un altro creditore che ha eseguito un pignoramento positivo nei confronti del tuo debitore.

Il pignoramento può essere di qualunque tipo: immobiliare o mobiliare.

E se mobiliare, può avere ad oggetto beni e/o crediti, presso il debitore e/o presso un terzo.

Se la procedura è attivata, puoi trarne beneficio.

E’ necessario avere un titolo esecutivo

Per poter approfittare della procedura esecutiva pendente, devi inoltre avere un titolo esecutivo.

Cosa significa?

Significa che il tuo credito deve essere “certificato” in un documento.

La legge prevede espressamente quali sono i documenti che costituiscono “titolo esecutivo”.

Fra questi, ci sono:

– le sentenze o altri provvedimenti del Giudice (ad esempio, un decreto ingiuntivo);

– le scritture private autenticate, le cambiali o altri titoli di credito;

– gli atti ricevuti dal Notaio o da un pubblico ufficiale.

Se hai uno di questi documenti, allora puoi intervenire nella procedura, senza perdere altro tempo.

E’ importante, infatti, essere tempestivi.

Gli altri casi in cui è ammesso l’ intervento

I creditori possono intervenire in un’esecuzione già avviata anche senza titolo esecutivo.

Ma solo nei casi previsti dalla legge.

Ad esempio, se al momento del pignoramento risultava dai pubblici registri un diritto di prelazione.

Per gli immobili, si pensi all’iscrizione di ipoteca da parte del creditore.

Per l’imprenditore, poi, è possibile intervenire anche quando il credito è una somma di denaro che risulta dalle scritture contabili.

Questa ipotesi è prevista per agevolare il creditore che, come te, è un imprenditore.

Come funziona l’ intervento?

A questo punto, non resta che intervenire.

Il tuo avvocato provvederà a depositare nell’ambito della procedura già pendente un “atto di intervento”.

Con questo atto si deve dichiarare al Giudice di essere creditori, spiegando la posizione e chiedendo di poter partecipare.

L’atto deve essere depositato entro un termine ben preciso:

l’udienza in cui viene disposta al vendita (o l’assegnazione) dei beni pignorati.

Anche se l’intervento viene fatto dopo tale udienza, tuttavia, non tutto è perduto.

Puoi infatti partecipare comunque alla distribuzione delle somme che sono state ricavate dalla vendita dei beni pignorati.

Il tuo credito verrà però soddisfatto che sono stati soddisfatti gli altri creditori che hanno partecipato alla procedura.

Una particolarità

Se sei imprenditore e sei intervenuto in forza degli estratti autentici, segnaliamo una particolarità che ti riguarda.

Dopo aver depositato l’atto di intervento, devi avvisare il debitore che stai facendo valere il tuo credito.

E’ quindi necessario notificare al debitore copia dell’atto e copia dell’estratto autentico.

Se sei un imprenditore e vuoi valutare l’ intervento in una procedura esecutiva, contattaci.

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Stai cercando di ottenere il pagamento dei tuoi crediti.

Ti sei rivolto ad un avvocato, hai seguito tutta la procedura e, finalmente, hai pignorato i beni del tuo debitore.

Quando all’improvviso senti parlare di “conversione pignoramento”.

Ti starai chiedendo di cosa si tratta, temendo che sia un nuovo trucco del debitore per non pagare ciò che deve.

Tranquillo, è tutto sotto controllo!

La conversione del pignoramento non è altro che la possibilità, concessa la debitore, di sostituire i beni pignorati (mobili, immobili o crediti) con una somma di denaro.

 

Il debitore deve mettere a disposizione una somma sufficiente per soddisfare l’intero credito.

Quindi, ti saranno pagati: capitale, interessi e spese.

L’obiettivo che volevi raggiungere, ottenere il pagamento, è quasi realizzato.

Cerchiamo di capire come.

Conversione pignoramento: come funziona

Per non danneggiare il creditore, è previsto che il debitore pignorato debba rispettare tempi e modi previsti dalla legge.

Infatti, è necessario che il debitore depositi la richiesta di conversione pignoramento prima che il Giudice disponga la vendita dei beni pignorati.

In tal modo, si evita al creditore di sostenere ulteriori spese per proseguire l’esecuzione, che viene sospesa.

E’ anche necessario che il debitore depositi subito una somma pari ad un quinto dell’importo dovuto.

Tale somma non viene consegnata subito al creditore, ma viene temporaneamente accantonata.

Come detto, si tratta però di portare solo un po’ di pazienza: stai recuperando il tuo credito.

Il Giudice verifica la posizione e, se concede la conversione pignoramento, chiede al tuo avvocato di quantificare gli importi e fissa un termine per il pagamento.

Le tempistiche del pagamento

Ti starai chiedendo:

Ma quanto devo aspettare ancora per ottenere il pagamento?

Ci sono tempistiche diverse a seconda del tipo di pignoramento.

Ma ormai è fatta!

Se si tratta di un pignoramento “presso terzi” di somme di denaro, il Giudice concede al debitore tempi stretti per il pagamento.

Infatti, in questo caso sono già pignorate somme di denaro (ad esempio, presso la Banca o presso il datore di lavoro) e per concludere la procedura sarebbe sufficiente la pronuncia del Giudice che assegna tali somme al creditore.

Non è quindi prevista, per il debitore, la possibilità di allungare troppo i tempi.

Ciò, infatti, causerebbe nuovi e ulteriori disagi al creditore.

Se invece sono stati pignorati beni, mobili o immobili?

In tal caso la situazione è diversa.

Il debitore, infatti, può chiedere che gli venga concessa una rateizzazione.

Il Giudice deve verificare che la richiesta sia fondata su giustificati motivi e, in tal caso, la può concedere.

Le tempistiche di pagamento vengono valutate dal Giudice in base a vari elementi.

Ad esempio, l’ammontare del credito, il tipo e il valore dei beni pignorati, etc.

Ma non temere!

Anche se il debitore ottiene una rateizzazione, non è necessario attendere l’ultimo versamento per riscuotere.

Abbiamo un asso nella manica.

Durante la rateizzazione, infatti, è possibile chiedere al Giudice di assegnare le somme depositate.

Mi spiego meglio.

Il tuo avvocato, infatti, controlla che il debitore effettui ogni mese i pagamenti dovuti.

E quando le somme aumentano, sopratutto se la rateazione dura più di qualche mese, il tuo avvocato può ottenere dal Giudice un provvedimento di assegnazione parziale.

Potrai quindi iniziare a riscuotere il tuo credito prima che la procedura sia terminata.

Come vedi, hai raggiunto il tuo obiettivo!

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Hai sempre pensato che il decreto ingiuntivo ti consenta di recuperare solamente i tuoi crediti.

decreto ingiuntivo

In realtà non è proprio così.

Infatti, se nella maggior parte dei casi il decreto ingiuntivo è utilizzato per tale finalità, la norma prevede che l’ingiunzione emessa dal Giudice possa riguardare, oltre alle somme di denaro, anche:

1) la consegna di una cosa mobile determinata;
2) la consegna di un insieme di beni fungibili.

Vediamo di cosa si tratta e come funziona.

La consegna di una cosa mobile determinata

Può accadere che oggetto dei rapporti fra le parti sia la consegna di un bene specifico, ad esempio un macchinario.

Normalmente, se chi riceve il bene non effettua il pagamento, ci si rivolge al Giudice per ottenere il pagamento delle somme dovute.

Tuttavia, se si ha interesse a riprendersi il bene, è possibile chiedere al Giudice di ordinare al debitore la consegna del bene.

In questi casi, il creditore deve produrre documentazione idonea ad identificare il bene di cui chiede la restituzione.

Nel caso di un macchinario, ad esempio, oltre ad una descrizione il più precisa possibile (marca, modello, colore), sarà necessario indicare anche elementi caratteristici del bene:

  • il numero di telaio o, comunque, un numero identificativo del bene;
  • la data e il luogo di consegna.

Insomma, tutto ciò che è necessario per l’esatta identificazione del bene del quale si chiede la consegna.

La consegna di beni fungibili

Si parla, invece, di decreto ingiuntivo per la consegna di beni fungibili quando il bene oggetto della richiesta non è un bene specifico, ma un bene “sostituibile”.

In tal caso, si chiede la consegna non del bene consegnato al debitore, ma la consegna di un bene identico a quello consegnato.

Ad esempio, un chilo di grano: oggetto della consegna non deve essere necessariamente il sacco di grano a suo tempo consegnato al debitore, ma può essere un qualsiasi sacco di grano a disposizione del debitore, purché abbia le medesime caratteristiche di quello consegnato.

Come funziona il decreto ingiuntivo per la consegna

Il procedimento è uguale a quello utilizzato per recuperare somme di denaro.

Si presenta un’istanza motivata al Giudice e si ottiene un provvedimento che va comunicato al debitore.

Si rimanda, per i dettagli, al precedente articolo: “Recupero crediti: cos’è il decreto ingiuntivo“.

La particolarità del decreto ingiuntivo per consegna

Quando viene proposto ricorso per ottenere la condanna alla consegna di una quantità di cose fungibili, il creditore ha un onere ulteriore rispetto alle altre ipotesi.

La norma, infatti, prevede che nel ricorso venga inserita l’indicazione della somma in denaro che il creditore è disposto ad accettare in alternativa rispetto all’originaria prestazione richiesta (la consegna di cose).

Al fine di garantire la soddisfazione del creditore, è stata quindi prevista la possibilità che l’obbligazione iniziale si converta in una diversa obbligazione, che ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro.

La conversione opererà a discrezione del debitore intimato, il quale potrà esso stesso scegliere se consegnare la quantità di cose domandata oppure se pagare la somma di denaro indicata.

Se vuoi maggiori informazioni per recuperare beni, e non solo crediti, contattaci.

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L’ ipoteca è uno strumento che può consentire un miglior recupero del proprio credito.

I tempi possono essere piuttosto lunghi, ma l’importante è il risultato.

Vediamo cos’è, come funziona e quando può essere utilizzata.

Cos’è l’ Ipoteca

E’ un diritto reale di garanzia che viene esercitato su un bene altrui (debitore o terzo “datore”), solitamente un immobile.

Si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari e consente al creditore di espropriare il bene ed essere soddisfatto con “preferenza”.

La legge ne distingue tre diversi tipi:

legale – giudiziale – volontaria

Nelle procedure di recupero crediti, solitamente si fa riferimento alla tipologia “giudiziale”.

Si tratta di un’ipoteca basata su una sentenza o su altro provvedimento di condanna al pagamento .

Uno di questi provvedimenti è, ad esempio, il decreto ingiuntivo che sia stato dichiarato esecutivo.

Come funziona

Innanzitutto è necessario che il debitore abbia la proprietà di beni immobili.

Ottenuto il provvedimento di condanna, il creditore provvedere ad iscriverlo nel registro immobiliare della Conservatoria ove si trova il bene.

E’ necessario che l’ ipoteca venga iscritta su beni indicati in modo specifico e che venga indicata in modo specifico anche la somma di denaro della quale si è creditori.

Una volta iscritta, l’ipoteca “vale” per 20 anni e, in caso di bisogno, può essere rinnovata prima della scadenza.

Su ogni bene possono essere iscritte più ipoteche, da parte di creditori diversi o anche da parte dello stesso creditore a garanzia di crediti diversi.

Se vi sono più ipoteche, le stesse vengono iscritte in ordine di tempo e vengono definite di “primo grado”, “secondo grado”, “terzo grado” etc.

I crediti verranno quindi soddisfatti, una volta intervenuta la vendita del bene, in ordine di iscrizione.

Quando può essere utilizzata

Il creditore può decidere di iscrivere ipoteca e di non azionarla.

Ciò accade quando la si utilizza come mera garanzia, in attesa che l’immobile venga venduto “volontariamente” dal proprietario o che qualche altro creditore attivi l’esecuzione per la vendita forzata dell’immobile.

Tuttavia, se il creditore vuole recuperare quanto prima il proprio credito, la può attivare immediatamente.

Ottenuto il titolo ed iscritta l’ipoteca, può cioè notificare il pignoramento immobiliare ed attivare la vendita forzata dell’immobile.

Quando l’immobile viene venduto, il creditore ipotecario – grazie alla garanzia “iscritta” – viene preferito rispetto agli altri creditori che hanno preso parte all’esecuzione ed il suo credito viene soddisfatto per primo (se l’ipoteca è di primo grado).

Se sei un creditore e sei interessato ad avere maggiori informazioni in merito, contattaci qui.

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La fattura – che costituisce un documento contabile/fiscale – non è necessaria per poter recuperare il proprio credito.

fattura

Il credito, infatti, può essere dimostrato anche sulla base di altri documenti:

si pensi, ad esempio, ad un contratto o ad un ordine firmati, ad un scrittura privata o ad un accordo.

Tuttavia, quando c’è una fattura, ci si sente “più sicuri” di poter recuperare il proprio credito.

Ma … è proprio vero che la fattura è sufficiente?

In realtà, la risposta è negativa.

Infatti, la sola emissione della fattura non basta.

Non dimostra l’esistenza del rapporto o la consegna della merce, ad esempio.

Può essere contestata da chi la riceve perché è un “atto unilaterale” di chi la predispone e la invia.

Ciò nonostante, la legge le attribuisce un valore “speciale”.

La fattura come prova nel recupero crediti

La legge, infatti, prevede che il creditore munito di fattura (o meglio, di estratti autentici delle scritture contabili) possa utilizzarla come prova scritta per chiedere al Giudice la pronuncia di un’ingiunzione di pagamento.

In altre parole, se hai consegnato merci o svolto prestazioni di servizi a favore di qualcuno e non hai ricevuto il pagamento di quanto concordato, puoi rivolgerti al Giudice con un procedimento “speciale” e rapido: il ricorso per ingiunzione di pagamento.

La tua richiesta – fatta al Giudice tramite un avvocato – potrà essere fondata sulle fatture che hai emesso.

Se il debitore non contesta le fatture, il procedimento è rapido e efficace.

Diversamente, in caso sorgano contestazioni, le fatture da sole non saranno più sufficiente per dimostrare l’esistenza del tuo credito, che dovrà essere dimostrato con altri tipi di prove.

I documenti che provano il tuo credito

Per i motivi detti sopra, è un buon imprenditore chi si tutela già all’inizio del rapporto e/o nel corso dello stesso predisponendo i documenti adatti a provare il credito.

Ci si riferisce, ad esempio, all’imprenditore che fa firmare un contratto o un ordine.

Magari poi scambiato a mezzo pec, per lasciare traccia e conferire una data certa.

Utili sono anche i DDT firmati e timbrati dalla controparte al momento della consegna.

Oppure, ancora, uno scambio di comunicazioni con il debitore, dalle quali emerge che il rapporto si è svolto o che le somme richieste sono dovute.

A tal fine, può essere utile, e a volte necessario, rivolgersi ad un legale, che sappia valutare la tua situazione e darti un valido supporto per poter prevenire o affrontare il recupero dei tuoi crediti.

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Vuoi rendere più veloce il recupero dei tuoi crediti?

cambiale

Confrontati con un legale: ti saprà dare alcune indicazioni utili.

Ad esempio, ti potrà consigliare di chiedere a “clienti sospetti” di rilasciare titoli di credito (assegno – cambiale) per il pagamento.

La procedura “ordinaria” di recupero del credito

Abbiamo visto nei precedenti articoli che la procedura di recupero del credito, solitamente, ha inizio con il “Ricorso per ingiunzione di pagamento” .

L’obiettivo è ottenere dal Giudice la pronuncia di un ordine di pagamento nei confronti del debitore.

Bisogna poi provvedere alla notifica ed attendere che decorrano i termini di legge.

Tale procedura “ordinaria”, quindi, comporta che il creditore sostenga dei costi e attenda il decorso di un certo periodo di tempo.

Costi e tempi possono essere “ridotti” quando si è in possesso di una cambiale o di un assegno.

La procedura “veloce” se hai una cambiale

Se il creditore è in possesso di una cambiale (o anche di un assegno) si possono “saltare” alcuni passaggi della procedura.

La cambiale (in generale, i titoli di credito), se regolari, sono già un “titolo esecutivo”.

In altre parole, hanno lo stesso valore di un Decreto Ingiuntivo.

Non serve, quindi, rivolgersi al Giudice perché pronunci l’ordine di pagamento (Decreto Ingiuntivo) nei confronti del debitore.

Né serve, poi, attendere che decorrano i termini per avviare l’esecuzione forzata (con precetto e pignoramento).

Si procede subito con la notifica dell’atto di precetto.

I requisiti

Perché la cambiale possa valere come “titolo esecutivo” è necessario che sia correttamente compilata e bollata.

Inoltre, deve essere “azionata” entro il termine di 3 anni dalla scadenza.

Se si tratta di assegno, il termine è molto più breve: 6 mesi dalla scadenza.

Decorsi i 3 anni, le cambiali valgono come riconoscimento del debito:

sarai agevolato nell’ottenere il provvedimento del Giudice, ma non ti sarà consentito sfruttare la procedura “veloce”.

Se agisci nei confronti di chi ha emesso e firmato la cambiale, è sufficiente che sia “insoluta”, ma non è necessario che sia “protestata”.

Se la cambiale è firmata anche da un garante oppure è stata “girata”, puoi agire anche nei confronti di questi altri soggetti e non solo nei confronti del tuo debitore originario.

Se vuoi avere maggiori informazioni e anche consigli utili per poter sfruttare questa opportunità, contattaci.

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Nel tentativo di impaurire i tuoi debitori, li avrai certamente minacciati che avresti avviato nei loro confronti un pignoramento.

esecuzione forzata

In termini giuridici, si parla di esecuzione forzata.

Vediamo insieme cos’è e come funziona.

Cos’è l’ esecuzione forzata

L’esecuzione forzata è il procedimento, previsto dalla legge, mediante il quale il creditore tenta di recuperare i propri crediti.

Il recupero è “forzato”: tramite l’avvocato e mediante l’intervento del Giudice e degli Ufficiali Giudiziari, si obbliga il debitore – che non ha pagato spontaneamente – a pagare i debiti.

Nel linguaggio comune, si parla genericamente di pignoramento.

In realtà, però, il pignoramento è solo una fase della procedura di esecuzione forzata.

Tecnicamente, la procedura ha infatti inizio con la notifica dell’atto di precetto.

Il primo passo dell’esecuzione: l’atto di precetto

Ottenuto e notificato il titolo esecutivo (ad esempio, un decreto ingiuntivo), prima di poter fare un pignoramento, è necessario innanzitutto notificare al debitore l’atto di precetto.

Si tratta di un atto, predisposto dal legale, con il quale il debitore viene invitato ad effettuare il pagamento del debito (capitale, interessi e spese legali) entro e non oltre il termine di 10 giorni dal ricevimento dell’atto medesimo.

Scaduto il suddetto termine, in mancanza di pagamento, il creditore può procedere – sempre per mezzo del proprio avvocato di fiducia – con il pignoramento.

E’ importante essere tempestivi in questi passaggi, per evitare che il debitore metta i propri beni al riparo, sfuggendo così all’esecuzione forzata.

Ma anche perché l’atto di precetto ha una scadenza: il successivo pignoramento deve essere iniziato, infatti, entro 90 giorni.

Se tale termine scade, tuttavia, nessuna paura: sarà sufficiente inviare al debitore un nuovo atto di precetto.

La fase successiva: il pignoramento

Una volta notificato il precetto e trascorsi i 10 giorni concessi al debitore per il pagamento volontario, è possibile proseguire l’azione esecutiva.

Si avvia così la fase del pignoramento.

Ci sono due diverse tipologie di pignoramento: mobiliare e immobiliare.

Il pignoramento mobiliare, poi, può riguardare:

  • beni mobili (mobilio, attrezzature, oggetti di valore);
  • beni mobili registrati (auto, moto);
  • crediti.

Nell’ipotesi del pignoramento di crediti, il caso tipico è quello del pignoramento presso terzi, per mezzo del quale ci si rivolge a terzi che devono denaro al debitore.

Si tratta di “bloccare” i conti correnti del debitore (presso la Banca o le Poste) oppure di intercettare i pagamenti che altri soggetti (privati o società) devono effettuare a favore del nostro debitore.

Qualunque tipologia di pignoramento si scelga, la cosa importante è confrontarsi con il proprio legale prima di avviare l’esecuzione forzata.

Solo in questo modo potrai valutare, prima di procedere, quale tipo di pignoramento è più opportuno intraprendere, quali sono le tempistiche ipotizzabili e quali i costi da affrontare.

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Solitamente, quando si parla con un legale del recupero dei crediti, viene nominato il decreto ingiuntivo.

decreto ingiuntivo

Vediamo di cosa si tratta, come si ottiene, quali particolarità può avere.

Ricorso per ingiunzione: il primo passo

Bisogna innanzitutto precisare che il primo passo è il “ricorso per ingiunzione di pagamento”.

In altre parole, quando si deve recuperare un credito e si decide di rivolgersi al Giudice, bisogna presentare – per mezzo di un legale – una richiesta motivata.

Nella richiesta (giuridicamente: “Ricorso”) si spiega al Giudice quali sono i rapporti tra il creditore ed il debitore.

Si depositano i documenti: contratto, fatture, estratto autentico dei “Registri IVA vendite”.

Se ci sono scambi di corrispondenza, dalla quale risulta che il debitore ammette il proprio debito, può essere depositata.

Viene quindi richiesto al Giudice di emettere, nei confronti del debitore, un ordine di pagamento.

Decreto ingiuntivo: l’ordine del Giudice

L’ordine emesso dal Giudice si chiama Decreto Ingiuntivo.

Ottenuto questo provvedimento, il creditore è autorizzato a chiedere al debitore di provvedere al pagamento entro un termine preciso.

Solitamente, il termine concesso è 40 giorni da quando il provvedimento è “comunicato” al debitore.

Se il debitore non provvede al pagamento, il creditore può proseguire l’azione giudiziale di recupero del credito, arrivando al pignoramento dei beni del debitore.

Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo

Può accadere che l’ordine del Giudice sia “particolare”.

Infatti, in presenza di determinati requisiti, l’ordine di pagamento è “provvisoriamente esecutivo”.

Al debitore, quindi, anziché essere concesso un termine di 40 giorni per pagare, è chiesto un pagamento immediato.

In tali casi, il creditore può raggiungere  molto più velocemente l’obiettivo: recuperare il proprio credito.

Quali sono i requisiti?

I requisiti per poter ottenere la “provvisoria esecuzione” sono previsti dalla legge.

E’ necessario che il credito sia fondato su:

  • titoli di credito (cambiali, assegni);
  • un atto pubblico (atto ricevuto da un Notaio o da altro pubblico ufficiale);
  • un “riconoscimento di debito” (il creditore deve, cioè, produrre documentazione sottoscritta dal debitore dalla quale risulta l’esistenza del debito).

La legge prevede che l’esecuzione provvisoria possa essere concessa anche quando vi è “pericolo di grave pregiudizio nel ritardo“.

Tale pericolo può essere liberamente dimostrato dal legale del creditore.

Possono essere utili, a tal fine: l’esistenza di protesti, la presenza di elementi negativi nel Bilancio d’esercizio, l’esistenza di altre procedure esecutive.

Ogni situazione, andrà comunque valutata nello specifico per verificare l’esistenza di questi requisiti.

In questo ambito, è molto importante che il cliente sia affiancato da un legale anche durante il rapporto con la controparte.

Il legale, infatti, potrà consigliare le giuste mosse sin dall’inizio, senza attendere che il rapporto fra le parti diventi problematico.

In tal modo, potranno essere messi in atto piccoli accorgimenti che, in caso sia necessario avviare la procedura di Ricorso per decreto ingiuntivo, potranno essere molto utili per “accelerare” i tempi.

Per avere maggiori informazioni sul recupero dei crediti, contattaci.

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L’emissione di assegno rientra fra i metodi di pagamento utilizzati tra imprenditori.

assegno

Oggi non è più preso in gran considerazione, perché si teme per i rischi che si possono correre: irregolarità, insoluti, spese di protesto.

Tuttavia, spesso può essere una buona modalità di pagamento per il creditore, poiché accanto ai rischi, presenta anche molti vantaggi.

Approfondiamo l’argomento e vediamo quali sono i vantaggi per il creditore.

La data di emissione

Innanzitutto, è importante ricordare che l’ assegno ha funzione di mezzo di pagamento “immediato”.

Tutti gli assegni, dovrebbero essere completamente e correttamente compilati al momento dell’emissione.

Gli “assegni postdatati”, che spesso vengono emessi a garanzia di un pagamento, sono irregolari.

In questi casi, infatti, dovrebbero essere emessi non assegni, bensì cambiali regolarmente bollate.

L’incasso dell’ assegno

Se l’assegno è regolare, quindi correttamente compilato, deve essere messo all’incasso entro 8 giorni dall’emissione.

Il creditore lo presenta in Banca e attende che il relativo importo gli venga accreditato.

Ci possono essere dei rischi:

il debitore, infatti, potrebbe non essere autorizzato ad emettere assegni oppure non avere fondi sufficienti.

In tal caso, la Banca avvia la procedura di protesto.

Quali sono i vantaggi dell’aver accettato il pagamento a mezzo assegno

Ti starai chiedendo, a questo punto, quali sono i vantaggi dell’aver accettato il pagamento a mezzo assegno.

Ci sono e sono svariati.

Innanzitutto, spesso il debitore è più attento a pagare un assegno che una Riba.

Se non si provvede al pagamento di una Riba, infatti, non c’è nessuna conseguenza se non il fatto che il creditore contatterà il debitore, chiedendo spiegazioni.

Il mancato pagamento di un assegno, invece, può comportare la levata del protesto con tutta una serie di conseguenze “pubbliche” per il debitore.

Questo, dunque, è un buon motivo perché il debitore rispetti l’impegno preso.

Quindi un primo vantaggio per il creditore.

Secondo vantaggio: il ravvedimento dopo il protesto

Può tuttavia capitare che il debitore non voglia o non possa rispettare l’impegno preso e l’assegno resti insoluto.

Anche in questo secondo caso, ci sono dei vantaggi per il creditore.

Come dicevamo, il mancato pagamento dell’assegno comporta l’avvio della procedura di protesto.

Un Pubblico Ufficiale, di solito un Notaio, rileva il mancato pagamento e il nome del debitore viene iscritto nel registro tenuto dalla Centrale di Allarme Interbancaria.

Questo registro è pubblico, quindi chiunque può verificare se un soggetto è un “cattivo pagatore”.

L’iscrizione comporta anche la revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni.

Va segnalato, però, che la pubblicazione del nome non è immediata, ma avviene dopo 60 giorni.

Nei 60 giorni, il debitore può “riparare” al mancato pagamento.

In questo caso, il vantaggio per il creditore consiste nel fatto che il debitore probabilmente provvederà al pagamento entro i 60 giorni per bloccare la pubblicazione del proprio nome.

Peraltro, la legge prevede che il debitore sia tenuto a pagare non solo l’importo indicato nell’assegno, ma anche gli interessi legali, le spese di protesto ed una penale pari al 10% del capitale.

Il creditore, quindi, entro un breve termine e senza dover avviare procedure legali, potrà ottenere la soddisfazione del proprio credito.

Terzo vantaggio: il titolo esecutivo

Se non si dovesse verificare nessuna delle due ipotesi analizzate sopra, e quindi il debitore non provvede al pagamento, non tutto è perduto.

Il creditore si troverà costretto ad avviare un’azione legale di recupero del credito.

Parte tuttavia avvantaggiato.

Infatti, l’assegno rimasto insoluto, sia protestato che non, può essere utilizzato direttamente come “titolo esecutivo“.

L’assegno, cioè, viene equiparato al Decreto ingiuntivo, il provvedimento con il quale il Giudice ordina al debitore di pagare.

Il creditore munito di assegno sarà quindi un passo avanti nella procedura, con un vantaggio sia nelle tempistiche che in relazione ai costi della procedura.

Attenzione però:

l’assegno viene considerato “titolo esecutivo” solo se azionato entro 6 mesi dal giorno in cui è stato presentato all’incasso.

Quarto vantaggio: il riconoscimento di debito

Cosa accade se il termine di 6 mesi è già decorso?

Non tutto è perduto.

Il creditore ha comunque qualche vantaggio.

Sebbene la procedura di recupero del credito dovrà partire dalle prime fasi, senza possibilità di “saltare” i primi passaggi, l’ordine di pagamento emesso dal Giudice sarà “immediatamente esecutivo”.

Con l’emissione dell’assegno, infatti, il debitore ha riconosciuto il proprio debito.

La legge prevede che, in questi casi, al debitore non è concesso il termine di 40 giorni per provvedere al pagamento, ma è richiesto un pagamento immediato.

Il creditore, quindi, potrà notificare al debitore, contemporaneamente, sia il titolo esecutivo che l’atto di precetto.

Con un considerevole risparmio di tempo.

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