Lavoro subordinato o autonomo? Il caso dei riders
Il recente e molto discusso caso dei riders ci consente di affrontare la questione dei confini tra lavoro subordinato ed autonomo.
Si tratta del caso affrontato dal Tribunale di Torino, relativo a n. 6 riders, ossia lavoratori che tramite proprio mezzo (generalmente bicicletta o motorino) si occupano della consegna di cibo a domicilio.
I riders prestavano l’attività per un’azienda in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a tempo determinato.
Lamentando l’illegittimità di tali contratti, i lavoratori avviavano un contenzioso volto ad ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato con l’azienda.
Il Tribunale per giungere alla decisione valutava i seguenti aspetti:
La volontà delle parti
I lavoratori avevano sottoscritto con l’azienda contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Quindi, contratti di lavoro autonomo.
Tuttavia, il Tribunale rilevava che non bastava fermarsi al tipo di contratto firmato, dovendosi verificare anche le concrete modalità di svolgimento del lavoro.
Quindi, il Tribunale procedeva alla verifica dei seguenti requisiti del lavoro subordinato: soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare dell’azienda.
Soggezione al potere direttivo ed organizzativo
Il Tribunale ha escluso che i riders fossero sottoposti al potere direttivo ed organizzativo dell’azienda.
Invero, è stata data rilevanza al fatto che i riders potevano dare la propria disponibilità ad essere inseriti nei turni indicati dall’azienda, ma non erano obbligati a farlo. Parimenti, l’azienda poteva accettare la disponibilità dei riders per i turni, ma poteva anche non farlo.
I riders quindi non avevano un obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e l’azienda non aveva un obbligo di riceverla.
Inoltre, i comportamenti tenuti dalle parti (come, ad esempio, la verifica della presenza dei riders nei punti di partenza assegnati), sono stati ritenuti compatibili con un mero coordinamento tra l’attività dell’azienda e quella del lavoratore, e quindi coerenti col rapporto di lavoro autonomo stipulato.
Soggezione al potere disciplinare
Anche la soggezione al potere disciplinare è stata esclusa.
Invero, il Tribunale ha ritenuto non dimostrato che l’azienda abbia adottato delle sanzioni disciplinari.
Inoltre, il Giudice ha escluso che alcuni dei provvedimenti indicati dai lavoratori (come l’esclusione dalla chat aziendale o dai turni) potessero essere considerati sanzioni disciplinari. Ciò in quanto l’azienda era libera di rifiutare la disponibilità dei lavoratori.
Il Tribunale ha quindi dato ragione all’azienda, confermando la natura autonoma del rapporto di lavoro con i riders (Tribunale Torino Sez. lavoro, Sent., 07-05-2018).
La questione però è ancora aperta. I riders hanno infatti annunciato che valuteranno di proporre appello contro la sentenza del Tribunale di Torino che ha respinto le loro domande. Attendiamo quindi gli sviluppi.
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