Licenziamento per attività extra-lavorativa in malattia
Un recentissimo caso affrontato dalla Corte di Cassazione ci consente di affrontare la questione del licenziamento per attività extra-lavorativa in malattia. Si tratta dell’ipotesi in cui il lavoratore ammalato o infortunato svolge attività extra-lavorativa durante l’assenza per malattia.
In particolare, il contenzioso riguardava un lavoratore che era rimasto vittima di un infortunio e che durante l’assenza dal lavoro per malattia aveva prestato attività presso la farmacia della moglie.
Il datore di lavoro venuto a conoscenza del fatto, avviava un procedimento disciplinare, terminato con la comunicazione di un licenziamento per giusta causa.
Il lavoratore ritenendo ingiusto il licenziamento per attività lavorativa in malattia, lo ha impugnato avviando in giudizio arrivato fino alla Corte di Cassazione.
Durante il giudizio i testimoni hanno confermato il fatto contestato dal datore di lavoro.
Invero, è emerso che il lavoratore rimaneva occupato per la maggior parte del tempo in piedi, servendo e consigliando i clienti, rilasciando gli scontrini fiscali e parlando con i rappresentanti presso la farmacia della moglie. Ciò avveniva per circa sei ore al giorno.
Valutando le prove emerse, i Giudici hanno ritenuto che l’attività svolta dal lavoratore fosse molto gravosa, quasi con orario di lavoro a tempo pieno, e quindi tale da pregiudicare o ritardare la guarigione ed il rientro in servizio.
I Giudici hanno quindi chiarito che costituisce infrazione disciplinare lo svolgimento di attività extra-lavorativa durante il periodo di assenza per malattia non solo se da tale comportamento deriva un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia anche solo messa in pericolo dalla condotta imprudente del lavoratore.
Costituisce infrazione disciplinare lo svolgimento di attività extra-lavorativa durante la malattia, quando la ripresa al lavoro è messa in pericolo dalla condotta imprudente del lavoratore
Nel caso in esame, i Giudici hanno ritenuto che l’attività svolta dal lavoratore presso la farmacia della moglie, fosse indice di scarsa attenzione non solo alla propria salute ma anche ai doveri di cura e di non ritardata guarigione, tale da pregiudicare o ritardare la guarnizione e il rientro al servizio.
I Giudici hanno quindi dato ragione al datore di lavoro, ritenendo che la gravità del comportamento tenuto dal lavoratore giustificasse il licenziamento (Cass. Civ. Sez. Lavoro 1/08/2017 n. 19089).
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