Marchio di colore
Marchio di colore: interessante pronuncia del Tribunale di Milano del marzo 2015 in tema di tutelabilità di marchi costituiti esclusivamente da una specifica tonalità cromatica (nella fattispecie una particolare tonalità di verde).
La registrazione di un marchio di colore specifico può essere ammessa solo ove la stessa non restringa indebitamente la disponibilità di colori per gli altri soggetti che offrano prodotti o servizi del medesimo genere di quelli oggetto della domanda di registrazione.
Tra i segni che possono costituire oggetto di registrazione come marchio, il Codice della Proprietà Industriale comprende anche le combinazioni o le tonalità cromatiche, ovviamente sull’imprescindibile presupposto che esse siano atte a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
Il richiamo alle combinazioni e tonalità cromatiche implica l’esclusivo riferimento non al colore di un determinato segno da apporre sul prodotto, bensì al colore del prodotto in sè e per sè o di una parte di esso.
Giurisprudenza e dottrina maggioritarie tendono ad escludere la registrabilità dei colori c.d. puri o tonalità di colori in sé; principio affermato, peraltro, già nel 2003 dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, nel caso “Libertel” relativo all’utilizzo del colore arancione per servizi di telecomunicazioni.
È però da segnalare che questo orientamento è stato criticato da una parte della dottrina che si è espressa in favore della possibilità di registrare anche i colori puri, lì dove in concreto abbiano carattere distintivo.
Del resto, i colori e le combinazioni cromatiche sono, oramai, sempre più utilizzati dalle imprese per identificare i propri prodotti nel mercato; non è un caso che spesso si faccia riferimento al “blu” Tiffany o al “rosso” brillante delle suole delle calzature Louboutin.
Un esempio piuttosto recente è sempre del Tribunale di Milano, che ha ritenuto valido il marchio Gucci raffigurante il nastro “verde-rosso-verde”, in quanto “allo stesso può attribuirsi un’indubbia forza distintiva e l’idoneità del medesimo ad identificare esattamente la provenienza, dei prodotti interessati, da una determinata impresa”.
Altro caso, oggetto di pronunce anche in diverse giurisdizioni, è quello sopra menzionato delle suole rosse delle calzature Louboutin. La relativa domanda di registrazione del rosso come marchio è stata ritenuta valida a livello comunitario in quanto tale colore, nell’uso proposto da Louboutin, è suscettibile di essere percepito dai consumatori come “sorprendente e inaspettato”.
Per quanto concerne, nello specifico, la sentenza del Tribunale di Milano del marzo 2015, il Giudice evidenzia che nel settore dei prodotti per pulizia il colore verde, a causa del subliminale richiamo a caratteristiche di freschezza e di naturalità connesse alla pulizia, è piuttosto diffuso (insieme al blu/azzurro e ovviamente al bianco), con la conseguenza che il consumatore medio non lo percepisce come autonomo elemento distintivo del prodotto.
Peraltro, prosegue il Tribunale, l’aspetto esterno del contenitore dello smacchiatore per cui il marchio di colore era stato utilizzato non era particolarmente caratterizzato dal colore verde chiaro oggetto della registrazione, essendo piuttosto la parte frontale del contenitore interamente coperta da un’etichetta che si estendeva dal bordo superiore del contenitore (tappo) fino alla base dello stesso.
Né, sulla base della documentazione prodotta, il Tribunale ha ritenuto che il segno verde avesse, nel caso di specie, acquistato un particolare significato distintivo nella fetta di mercato di riferimento.
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