Pignoramento presso terzi dello stipendio: cosa deve fare il datore di lavoro?
Pignoramento presso terzi dello stipendio: può capitare ad un’azienda di ricevere la notifica di un atto da parte del Tribunale e all’inizio dell’atto si legge la scritta “atto di pignoramento presso terzi”.
Leggendo il testo risulta che l’atto riguarda gli stipendi di un proprio dipendente.
Ci si chiede quindi: adesso cosa si deve fare?
Anzitutto, una premessa.
Cosa è l’atto di pignoramento presso terzi dello stipendio?
Il pignoramento presso terzi dello stipendio è un atto con cui un soggetto (creditore) fa valere un proprio credito nei confronti di un altro soggetto (debitore) che in questo caso è il dipendente di un’azienda.
Con l’atto di pignoramento presso terzi il creditore sottopone a pignoramento (quindi ad esecuzione forzata) le eventuali somme che l’azienda, quale datore di lavoro, deve pagare al proprio dipendente per retribuzioni e TFR, entro dei limiti di legge.
L’azienda quindi è semplicemente la terza pignorata. Ha una posizione neutrale rispetto alle parti e come tale deve agire.
Cosa deve fare l’azienda che riceve la notifica del pignoramento presso terzi dello stipendio?
L’azienda deve effettuare la dichiarazione del terzo (ai sensi dell’art. 547 c.p.c.).
Al riguardo, bisogna sapere che, a differenza del passato, non è più necessario presenziare all’udienza per rendere la dichiarazione.
Basta mandare una dichiarazione scritta tramite pec dall’indirizzo pec dell’azienda all’indirizzo pec del legale del creditore che risulta nell’atto stesso oppure tramite raccomandata. E’ consigliabile utilizzare la pec perché più veloce ed economica.
La dichiarazione deve contenere una serie di indicazioni, tra cui:
- se effettivamente il debitore è lavoratore subordinato dell’azienda e con quale contratto, a tempo indeterminato o determinato;
- lo stipendio netto;
- i dati relativi al TFR;
- se sono presenti sequestri; cessioni dello stipendio oppure altri precedenti pignoramenti.
Infine, la dichiarazione va firmata dal legale rappresentante dell’azienda, oppure da un procuratore speciale munito dei relativi poteri, oppure ancora dal difensore munito di procura speciale.
Quali quote di retribuzione vanno trattenute?
Di norma, l’azienda deve trattenere nella busta paga la quota di 1/5 della retribuzione mensile netta.
Tale trattenuta decorre dalla data in cui l’azienda riceve la notifica dell’atto di pignoramento presso terzi dello stipendio.
La restante parte della retribuzione può essere pagata al dipendente.
La determinazione della quota delle trattenute è più complessa se oltre al pignoramento notificato esistono precedenti sequestri oppure cessioni dello stipendio o precedenti pignoramenti. In tal caso la situazione va verificata nel concreto analizzando i dati. L’art. 68 DPR 180/1950 prevede infatti particolari limiti alla pignorabilità delle retribuzioni in caso di coesistenza di sequestri o pignoramenti o cessioni.
Inoltre, per esperienza di studio, segnaliamo che, nel caso in cui l’atto di pignoramento presso terzi riguardi crediti per mantenimento (ad esempio, di minori) il Giudice potrebbe accertarne la natura alimentare e ciò potrebbe portare all’assegnazione della quota fino a 1/3 della retribuzione (art. 2 DPR 1950 n. 180).
Non è quindi sempre facile per un’azienda districarsi tra le norme e rendere la dichiarazione completa o applicare le trattenute corrette.
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