Separazione e divorzio – Quali i diritti dei padri?
Separazione e divorzio (o la crisi familiare in caso di genitori non sposati) per un uomo, marito e padre, rappresentano spesso momenti ancor più complicati che per una donna, specialmente quando la coppia ha dei figli e quando le pretese economiche della moglie o compagna rispecchiano il suo risentimento. Spesso i padri temono di perdere il legame con i propri figli e di trovarsi in
difficoltà a causa di richieste economiche ingiustificate. Ma quali sono i diritti di un marito e padre in caso di separazione e divorzio o di cessazione della convivenza? In questo articolo, esploriamo i principali aspetti legali e le strategie migliori per tutelarsi.
Indice
Separazione e divorzio, crisi famigliare. Quali i diritti dei padri?

Separazione e divorzio. I diritti dei padri.
L’affidamento dei figli e il collocamento prevalente o paritario: quali sono i diritti dei padri?
Nel corso della mia ormai significativa carriera, ho spesso assistito padri preoccupati di “perdere” i propri figli, che giungevano nel mio studio rassegnati perchè convinti che “qualunque sia il rapporto con i genitori, i Tribunali danno sempre i figli alle madri”. Ma è proprio vero?
Sfatiamo un mito. Il timore di “perdere” i propri figli è infondato. Nessuno dei due genitori con la separazione dovrebbe “perdere” i propri figli, considerato che la legge tutela i diritti dei figli e dei padri con il principio di bigenitorialità, secondo il quale i figli hanno il diritto di mantenere un rapporto significativo con entrambi i genitori e i rispettivi rami parentali, anche dopo la fine della convivenza.
Dobbiamo, quindi, fare chiarezza. Che differenza c’è tra affidamento e collocamento dei figli minori?
Il concetto di “affidamento” è strettamente connesso alla responsabilità genitoriale, mentre il concetto di “collocamento” serve a determinare la residenza del figlio.
L’affidamento condiviso è stato introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 2006 ed è diventato la normalità e l’affidamento esclusivo è ormai previsto solo in casi eccezionali.
L’affidamento condiviso permette a entrambi i genitori di esercitare la propria responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, prendendo di comune accordo le decisioni più importanti per la loro vita, mentre in via autonoma e disgiunta ciascun genitore assumerà le decisioni di ordinaria amministrazione legate alla presenza dei figli minori presso di sé.
Se un genitore ha il collocamento prevalente dei figli minori, li avrà con sé per la maggior parte del tempo. Quando invece i genitori si divideranno in modo equivalente il tempo da trascorrere con i figli minori, si dirà che hanno adottato un regime di collocamento paritario (o paritetico). Anche in caso di collocamento prevalente presso uno dei due genitori, tuttavia, l’altro genitore avrà, comunque, il diritto di tenere con sé i propri figli in un modo regolamentato, e quindi non li “perderà”. I Tribunali, peraltro, tendono ormai a favorire ampie frequentazioni dei figli con entrambi i genitori.
L’alienazione parentale, che in psicologia taluno ha definito come una sindrome di natura psicologica del genitore prevalente (solitamente la madre) volta ad allontanare il genitore non collocatario, pur spogliata di ogni connotazione medico-scientifica, può essere citata per identificare il comportamento del genitore collocatario volto ad ostacolare o impedire il rapporto dell’altro genitore con i figli minori.
Il genitore al quale viene impedito di frequentare i propri figli, dovrà rivolgersi al Tribunale per ottenere la tutela del proprio ruolo genitoriale.
Il mantenimento dei figli è sempre a carico solo del padre?
No! Entrambi i genitori devono contribuire al mantenimento dei propri figli in proporzione alle rispettive disponibilità economiche. Il genitore che non ha il collocamento prevalente dei figli, tuttavia, può essere tenuto a corrispondere al genitore collocatario un assegno di mantenimento per pareggiare i conti delle spese che il genitore collocatario, vivendo i figli prevalentemente con lui, sosterrà direttamente.
Anche in caso di collocamento paritario può essere previsto un contributo in denaro al mantenimento dei figli quando vi sia una sproporzione rilevante tra le possibilità economiche dei due genitori.
Al contrario di quanto si creda, tuttavia, non è sempre il padre a dover versare alla madre dei suoi figli un assegno di mantenimento, poiché capita ormai sempre più spesso che sia la madre a guadagnare di più.
L’assegno di mantenimento comprende il vitto, l’alloggio (inteso come quota parte delle spese domestiche), il vestiario e i normali farmaci da banco necessari per i figli ed è calcolato in base al reddito dei genitori, ai bisogni del figlio (rapportati al tenore di vita cui i genitori lo hanno abituato durante la convivenza) e ai tempi che il minore trascorrerà con ciascun genitore dopo la cessazione della convivenza.
Le spese straordinarie costituiscono un ulteriore costo rispetto all’assegno di mantenimento e comprendono spese mediche, scolastiche, sportive e ricreative. Tali spese sono ormai dettagliatamente indicate in un apposito Protocollo adottato dal Tribunale. La ripartizione delle spese straordinarie di norma riparti in ragione del 50% ciascuno, ma, nel caso vi sia un divario significativo tra i redditi dei due genitori, può essere prevista in proporzione alle disponibilità economiche dei genitori.
Chi ha diritto di restare nella casa familiare dopo la separazione?
La casa familiare può essere assegnata al genitore che mantiene il collocamento prevalente dei figli minori, indipendentemente dalla proprietà della stessa.
L’assegnazione della casa familiare al genitore che terrà con sé i figli, sebbene prevista nell’esclusivo interesse proprio dei figli minori, ha anche un rilevante risvolto di natura economica che spesso rischia di prevalere sulle decisioni che dovrebbero essere assunte solo considerando quale sia la soluzione migliore per i bambini.
In presenza di figli minori, infatti, la casa viene assegnata al genitore che avrà il collocamento prevalente dei figli, indipendentemente da chi ne sia il proprietario. In caso di collocamento paritario, invece, non sussistendo il presupposto giuridico per l’assegnazione della casa, il Giudice della famiglia non può assumere alcuna decisione in merito.
In assenza di figli minori, invece, la casa resta nella disponibilità del coniuge che ne ha la proprietà.
Il diritto all’assegnazione della casa familiare cessa quando anche l’ultimo figlio della coppia è divenuto economicamente indipendente.
Assegno di mantenimento per il coniuge e assegno divorzile sono la stessa cosa?
Innanzitutto, va sottolineato che l’assegno di mantenimento personale non può essere previsto per il caso in cui i genitori non siano sposati.
L’assegno di mantenimento viene assegnato in occasione della separazione dei coniugi, in favore del coniuge che non abbia un reddito sufficiente per garantirsi il tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale.
Nella mia carriera di avvocato divorzista non ho mai visto nessun Tribunale attribuire un contributo al mantenimento personale in favore di un marito e ancora oggi sono le mogli a richiedere un assegno di mantenimento in occasione della separazione o un assegno divorzile in occasione del divorzio.
L’assegno di mantenimento dovuto al coniuge in sede di separazione si distingue dall’assegno divorzile, che ha presupposti diversi, sui quali la Corte di Cassazione ha recentemente mutato il proprio quarantennale orientamento, nell’ottica di privilegiare l’indipendenza economica dei coniugi ed evitare che l’assegno divorzile possa diventare in una pensione vitalizia.
Anche l’assegno divorzile può essere concesso a favore dell’ex-coniuge che non abbia adeguati mezzi di sostentamento, ma ha anche una funzione perequativa e compensativa, volta a ricompensare il coniuge che ne fa richiesta per il contributo dato durante il matrimonio all’altro coniuge per consentirgli di fare carriera e/o costituirsi un patrimonio.
Assegno di mantenimento e assegno divorzile possono essere ridotti o revocati se il coniuge ricevente migliora la propria condizione economica, magati ottenendo un lavoro che prima non aveva, o convive stabilmente con un altro partner o si risposa.
Come gestire l’inizio della crisi famigliare per tutelare i diritti dei padri e dei figli?
Nell’ambito di separazione e divorzio, mi è capitato spesso di assistere mariti o padri che, per distendere gli animi o di fronte alla promessa di una riconciliazione, hanno lasciato prematuramente la casa coniugale o famigliare, nonostante fossero loro i genitori di riferimento per i figli, lasciando in casa le loro mogli o compagne.
Il padre che lascia la casa familiare, tuttavia, rischia di non potervi più rientrare, a meno che non riesca a dimostrare di essere stato vittima di violenze o maltrattamenti o di essere stato, per altre ragioni, costretto a lasciarla.
Se poi il padre lascia la casa familiare senza portare con sé i figli, rischia di non riuscire più ad ottenerne il collocamento prevalente, anche quando ne avrebbe avuto diritto e a dover sottostare alle regole imposte dalla moglie o compagna per poterli vedere, prima di ottenere un provvedimento del Tribunale.
D’altra parte, solo in caso di gravi motivi, quali per esempio la necessità di proteggere i figli da violenza o maltrattamenti, un genitore può essere giustificato a lasciare la casa coniugale portando via con sé i figli senza il consenso espresso dell’altro genitore. In tal caso, sarà importante sporgere le doverose denunce e attivare quanto prima l’autorità giudiziaria.
Considerato che la violenza domestica non ha sesso e che le donne che usano violenza (sia fisica che psicologica, sia sui figli che sui mariti o compagni), sono più di quanto la gente possa pensare, anche il grido di aiuto di un uomo dovrà essere ascoltato.
Il padre che si trova a dover affrontare la crisi della coppia, pertanto, farà bene a rivolgersi tempestivamente ad un avvocato divorzista, esperto in diritto minorile e di famiglia per farsi consigliare sui passi da compiere per tutelare nel modo migliore i figli minori e la propria posizione, al fine di evitare di compromettere la futura strategia difensiva.
6. Come può un padre difendersi da false accuse?
Purtroppo, anche a causa della pur giusta campagna mediatica contro la violenza di genere e i maltrattamenti in famiglia, capita sempre più spesso che donne senza scrupoli muovano false accuse di violenza domestica, come strategia per ottenere vantaggi nella separazione.
- In tal caso il marito o il compagno potrà difendersi
- Raccogliendo prove (messaggi, e-mail, testimonianze, registrazioni)
- Evitare reazioni impulsive e qualunque occasione di scontro
- Rivolgersi subito ad un avvocato per stabilire come gestire la separazione ed evitare di protrarre ed esasperare il periodo di crisi tra le mura domestiche
Conclusione
Separazione e divorzio, così come ogni crisi familiare, costituiscono di per sé un momento difficile per tutti i soggetti coinvolti, soprattutto per i bambini e per i padri che rischiano di veder calpestato il proprio ruolo familiare o di subire ingiustificate richieste economiche.
Per questa ragione e con l’auspicio di poter favorire sempre in tal modo anche i figli minori, l’Avv. Elena Angela Sestini si adopera per tutelare i diritti dei padri ed aiutarli a gestire nel modo migliore la crisi familiare, separazione e divorzio.