Le buche stradali sono un grosso problema che, specialmente nei periodi di pioggia e neve, interessa tutte le strade.
Sarà capitato a tutti, infatti, di trovare sulle proprie strade qualche buca, più o meno profonda.
A parte il fastidio di sobbalzare ad ogni buca, il problema è che dall’incontro con le buche stradali possono derivare dei danni.
Chi risarcisce i danni causati dalle buche stradali?
La questione è sempre stata difficile.
A seconda della strada sulla quale ci si trova, infatti, si può avere un responsabile diverso: il Comune, la Provincia, la società che gestisce l’autostrada.
Una volta individuato il soggetto competente, poi, bisogna riuscire ad ottenere da questo il risarcimento.
In linea teorica, la questione sembra agevolmente risolta dalla legge.
L’art. 2051 c.c., infatti, prevede che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia“.
Le nostre strade sono “custodite” generalmente dalle amministrazioni pubbliche, che quindi sarebbero tenute automaticamente a risarcire i danni.
Tuttavia, sempre l’art. 2051 c.c precisa che il custode può liberarsi dalla responsabilità se “prova il caso fortuito”.
Nel caso delle buche stradali, quindi, nessuna responsabilità per l’amministrazione se prova il caso fortuito, cioè il verificarsi di un evento imprevedibile.
Questa la questione esaminata dalla Suprema Corte e decisa con l’ordinanza n. 6034/18.
Il caso riguardava la richiesta di risarcimento formulata da un ciclista all’amministrazione per le lesioni riportate dopo una caduta dalla bicicletta a causa dell’omessa manutenzione stradale.
La corte d’Appello si era pronunciata stabilendo che vi fosse un concorso di colpa fra il Comune ed il ciclista danneggiato.
Il Comune contesta la decisione presentando un ricorso in Cassazione e chiedendo che venga pronunciata l’esclusiva responsabilità del ciclista.
A fondamento della propria richiesta il Comune afferma che se il ciclista avesse prestato la dovuta attenzione e prudenza, ciò gli avrebbero consentito di vedere le buche stradali ed attuare le manovra necessarie per evitarle.
Nel pronunciarsi, la Cassazione richiama principi di diritto già dalla stessa esposti in precedenti decisioni.
In particolare, la Corte sottolinea che bisogna considerare il consolidato principio secondo cui l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione.
Ed ancora, ricorda che il criterio di imputazione della responsabilità in capo al custode della cosa per i danni da questa cagionati (ex art. 2051 c.c.) prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima.
Tra i principi di diritto richiamati dalla Corte anche il seguente:
“nella categoria delle cause di esclusione della responsabilità oggettiva per danno da cose, la condotta del danneggiato – che entri in interazione con queste – si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso (…) fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso“.
Responsabilità del Comune, ma non solo
In conclusione, la Cassazione conferma la pronuncia della Corte d’Appello, rilevando che la stessa è conforme ai principi già espressi dalla Suprema Corte.
In questo caso, quindi, il Comune è tenuto a risarcire al ciclista i danni da questo subiti, ma solo parzialmente, essendo ravvisabile responsabilità non solo in capo all’ente, ma anche in capo al ciclista.
Come detto, la questione è particolare ed è necessario valutare caso per caso.